L’Italia è un Paese in cui i paradossi a volte raggiungono dimensioni esagerate e conformazioni grottesche, riuscendo a strappare risate anche in situazioni in cui ci sarebbe ben poco da ridere. Alzi la mano chi non ha almeno sogghignato ascoltando il celebre e colorito scambio di battute tra Francesco Schettino e il comandante Gregorio de Falco nella notte del tragico naufragio della Costa Concordia. Senza scomodare eventi di portata così drammatica, le cronache che quotidianamente raccontano la vita politica ed economica del Paese ci offrono comunque diversi spunti.



Accade così che a naufragare possa essere l’intero risultato di un anno di lavoro del Commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli e di un nutrito gruppo di esperti, incaricati dall’allora Governo Letta di elaborare un ambizioso piano di revisione della spesa pubblica. Parliamo quindi di quel tipo di proposte utili a ridurre l’incomprensibile ammontare della spesa pubblica italiana, seguendo dei criteri logici e senza utilizzare come sempre l’accetta dei tagli lineari, che per non scontentare troppo qualcuno, scontentano tutti, riducendo all’osso settori e servizi di importanza vitale e portati ormai allo sfinimento. 



Il problema è che questo tipo di proposte, se attuate, implicano la responsabilità di prendere delle decisioni, di togliere dei privilegi, di scontentare alcune lobbies, di andare contro le incrostazioni corporative che ancora manovrano il Paese. In altre parole, significa che attuarle porterebbe, almeno nel breve periodo, una consistente riduzione del consenso popolare nei confronti del Governo. Meno voti, detto in soldoni. 

Sarà per questo che, non appena insediato, l’allora neo presidente del consiglio Renzi subito si affrettò a ricordare il “primato della politica” nella scelta di quali interventi attuare in materia di contenimento e riduzione della spesa pubblica, togliendo quindi da subito qualsiasi possibilità reale di attuazione delle proposte uscite dai 25 tavoli di lavoro previsti dal piano. In altre parole: bravo Cottarelli, ottimo lavoro, tante belle idee, però adesso lascia (non) fare a noi! Mica possiamo realizzarle davvero queste cose, sai quanti voti potremmo perdere?



Con tutta probabilità è per lo stesso motivo che gran parte dei risultati dei 25 tavoli di lavoro non sono ancora stati pubblicati e non sono disponibili all’opinione pubblica. Le uniche informazioni in nostro possesso sono quelle presentate ufficialmente nel marzo del 2014, con una serie di slide che delineavano i tratti generali di una serie di proposte innovative e spesso dure, che, pur senza toccare settori quali l’istruzione o il welfare state, ipotizzavano risparmi per 7 miliardi nel 2014, 18 nel 2015 e 34 nel 2016. 

Successivamente i fatti narrano di una rimozione anticipata dall’incarico di Cottarelli, il quale aveva inizialmente firmato un contratto triennale, salvo poi essere nominato dal Governo al Fondo monetario internazionale come Direttore esecutivo per l’Italia (un incarico di assoluto prestigio, ma che è il frutto di un evidente compromesso utile a Renzi per levarselo di torno). E con Cottarelli tornato in America, il piano di spending review è finito nel dimenticatoio, in qualche cassetto di Palazzo Chigi che tutti sembrano aver dimenticato e che nessuno, a livello governativo, ha la volontà di aprire.

Lo scorso dicembre a farsi carico della questione sono stati i promotori di www.foia.it, un’iniziativa volta a promuovere l’adozione di una legge ispirata al Freedom of Information Act, adottato negli Stati Uniti nel 1966, provvedimento che aprì a giornalisti e studiosi l’accesso agli archivi di Stato statunitensi, a molti documenti riservati e coperti da segreto di Stato. Animati da un legittimo desiderio di trasparenza, i promotori di foia.it hanno inoltrato alla Presidenza del Consiglio una formale richiesta di accesso ai documenti del piano Cottarelli.

La secca e concisa risposta della Presidenza ha dato il via al valzer dello scaricabarile: “Questo Dipartimento (per la Programmazione e il Coordinamento delle Politiche Economiche), contrariamente a quanto affermato nella istanza, non possiede gli atti richiesti, non avendo peraltro competenza in materia”, poiché “il Commissario straordinario si avvale delle risorse umane e strumentali del Ministero dell’economia e delle finanze”. Non restava quindi altro da fare che rivolgersi al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Da via XX settembre arriva però solo un laconico commento da parte del portavoce del Ministro: “Non ci è possibile procedere a quanto da lei richiesto in quanto la documentazione di cui richiede l’accesso non è in nostro possesso, non facendo parte il Commissario alla spending review di questo Ministero”. 

Insomma, un Commissario senza fissa dimora, nessuna delle istituzioni apparentemente competenti è in possesso del dossier frutto di un anno di lavoro, nessuno sembra intenzionato a fornire indicazioni o informazioni utili. Lo stesso Cottarelli, durante un’intervista al programma televisivo diMartedì, è sembrato piuttosto evasivo e accomodante sul tema e di fronte a un incalzante Floris ha cercato di abbassare le aspettative sui dossier non ancora pubblicati e ha ripetuto più volte di aver ricevuto rassicurazioni circa le brevi tempistiche entro cui verranno pubblicati (a questo punto non si sa da chi). A onor del vero, però, è già trascorso un mese dall’intervista rilasciata dall’ex Commissario e del dossier non c’è traccia. 

L’apice del paradosso si raggiunge andando a rispolverare le slide presentate la scorsa primavera, una delle quali era intitolata “La trasparenza della spesa pubblica” e veniva dettagliata specificando che la pressione dell’opinione pubblica sul tema sarebbe stata essenziale per contribuire a ridurre ed evitare gli sprechi, proponendo poi l’apertura al pubblico della Banche dati delle pubbliche amministrazioni, dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e dei dati sulle partecipate locali. Il tutto doveva avvenire secondo il principio fondamentale per cui “tutto deve essere disponibile on-line, tranne quello che è esplicitamente e strettamente confidenziale per motivi ovvi”.

Di fatto la soluzione per avere accesso al piano Cottarelli è contenuta nel dossier stesso, che però fonti governative non vogliono rendere pubblico, rifiutandosi di fornire utili informazioni. Il quadro semiserio che ne esce potrebbe tranquillamente essere la trasposizione di una barzelletta, non fosse dipinto da dichiarazioni ufficiali provenienti da organi e uffici di rango ministeriale, il cui fine ultimo dovrebbe essere quello di servire l’interesse dei cittadini. Kafka avrebbe di che divertirsi ai giorni nostri.

L’iniziativa di foia.it non è riuscita a ottenere gli effetti sperati e il Governo rimane muto. Sarà forse necessario che qualcuno richiami l’attenzione sulla questione in maniera più energica e colorita? Un De Falco della situazione che inviti Renzi a “tornare a bordo” sul tema della spending review e dell’abbattimento della spesa pubblica improduttiva? Chissà, magari ci toccherà di assistere anche a questo e nella concitazione del momento ci faremo pure una grassa risata. Ne abbiamo davvero tanto bisogno. Poi però torniamo seri e affrontiamo la questione con la determinazione necessaria. Il piano Cottarelli può contenere idee e proposte fondamentali per evitare nuovi tagli lineari, nuove tasse, nuove minacce dovute a oscillazioni dello spread, ma serve coraggio e quella volontà politica che oggi appare del tutto assente e che crea un vuoto assordante e sconcertante. 

Leggi anche

SPILLO/ Se dalle siringhe si ricavano più risparmi che dalla riforma costituzionaleIDEE/ Il "manuale" per tagliare gli sprechi dello StatoFINANZA/ Perché l'Italia "rinuncia" a pagare meno tasse?