«La Rai che esce dalla riforma Renzi non è altro che l’Eiar fascista». È la provocazione del professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Palazzo Chigi sta lavorando a una riforma Rai nella quale si sostituisce il binomio Cda-direttore generale con un amministratore delegato scelto dal governo. Nella sua e-news Renzi ieri ha annunciato: “In settimana iniziamo l’esame in consiglio dei ministri per chiuderlo velocemente. Poi la palla passa al Parlamento con lo stesso metodo della scuola”.



Che cosa ne pensa della nuova governance Rai al vaglio del governo?

Renzi ha in mente una gestione della Rai tipo Eiar come sotto il Fascismo. C’è una tendenza pericolosa alla gestione diretta della tv pubblica da parte del governo. L’idea è quella di farne un organo di propaganda pubblica, eliminando l’interferenza dei partiti ma non quella del consiglio dei ministri. In Renzi c’è una concezione assolutamente sbagliata e pericolosa della democrazia, in cui i partiti non hanno nessuno spazio.



Perché ritiene che i partiti debbano poter dire la loro sulla Rai?

Perché i partiti nel loro pluralismo sono fondamentali per assicurare il regime democratico, proprio perché l’Italia è una Repubblica parlamentare. Se noi la trasformiamo in una Repubblica presidenziale senza elezione diretta del capo dello Stato, abolendo i partiti, ciò implica l’avvento della dittatura. Anche il regime fascista è nato eliminando i partiti. La concezione di Renzi è che il partito sia in sé un’entità disonesta. Ma la democrazia non può esistere senza i partiti, in quanto questi ultimi sono l’intermediario con i cittadini.



Un’altra proposta di Palazzo Chigi è quella di collegare il canone Rai alla bolletta elettrica. È un’idea positiva?

Le bollette non sono un’imposta bensì un prezzo dell’elettricità. L’idea di questa proposta è che chiunque ha una bolletta elettrica implicitamente abbia anche un televisore. Diversamente dovremmo costringere l’Enel o chi riscuote i canoni a sapere chi ha o no un televisore. Teniamo conto che tablet e smartphone non sono televisori, perché la tv si deve poter guardare con un apparecchio apposito, non viaggiando ma in casa propria. Utilizzare una legge del 1938 per fare pagare il canone anche su tablet e smartphone sarebbe un grave errore.

Che cosa cambierebbe collegando canone e bolletta?

Il canone Rai diventerebbe una tassa sul consumo di elettricità, che va a un’impresa che svolge un servizio pubblico. È un fatto anomalo che non esiste in nessun Paese del mondo. A ciò si aggiunge il fatto che si trasforma un soggetto privato che percepisce una bolletta, cioè l’Enel, in un pubblico esattore. È un’operazione degna delle corvée feudali e un’invenzione stravagante che non ha nulla a che vedere con l’economia di mercato. Se la tv di Stato non ha voglia di riscuotere direttamente, si organizzi con un organismo di riscossione.

 

Lo Stato deve difendere Rai Way dall’ingerenza di altri soggetti come EI Towers?

È lo stesso problema che abbiamo in Telecom. Se in Italia un soggetto non ha i soldi per investire, è bene che si rivolga a chi ce li ha. Lo Stato italiano ultimamente è a corto di fondi. Lo documentano i processi di Trani, da cui è emerso che sono stati fatti 156 miliardi di euro di derivati pericolosi per proteggere il debito pubblico. Dal momento che gli investimenti pubblici si pagano emettendo debiti, e abbiamo derivati preoccupanti, è bene che lo Stato non faccia investimenti per Rai Way ma che sia un privato ad attuarli.

 

Quale quota di Rai Way deve rimanere in mano allo Stato?

Non è affatto necessario che lo Stato tenga in mano il 51%. Un po’ come avviene in Eni, lo Stato può tenersi il controllo di Rai Way con il 20% e lasciare il resto delle azioni ai privati. In questo modo se è necessario un aumento di capitale lo fa il mercato. La banda larga è ferma perché Telecom non ha abbastanza soldi, e li si vanno a chiedere alla Cassa depositi e prestiti, che però è dello Stato ed è collegata al debito pubblico. In questo modo l’Italia si avvia lungo la china della Grecia.

 

(Pietro Vernizzi)