Il circo mediatico è in fermento. Lunedì 9 marzo 2015 è una nuova data che si iscriverà nell’albo d’oro della costruzione della prossima crisi per eccesso di liquidità in assenza di creazione di domanda effettiva. Mi riferisco al Quantitative easing che il leader dei top manager delle grandi banche universali e dei grandi fondi, Mario Draghi, caccerà nella gola delle banche suddette con qualche technicality che dovrebbe obbligare le stesse – pena provvedimenti che fan sorridere – a riversare la liquidità a famiglie e imprese.
Senonché senza una riforma del sistema bancario che divida nuovamente banche d’affari da banche commerciali questo riversarsi non ci sarà e vedremo formarsi gli stagni nella pancia delle banche che innalzeranno in tal modo qualche indice premiante i top manager e penalizzeranno come sempre la povera gente – operai, commercianti, imprenditori che siano. In Italia, poi, si va certamente in questo senso abolendo ideologicamente le banche popolari, attaccando quelle cooperative, portando il Paese verso la catastrofe tramite la scarsità del credito.
Per questo è sinistro il silenzio che avvolge il cosiddetto “tesoretto” che le casse del martoriato Stato italico riceverebbero per la caduta dello spread giunto quasi a quota 90, nonostante l’aumento del debito pubblico e della disoccupazione, a riprova che avevano ragione coloro che ricordavano la natura esterna al ciclo economico fondamentale dei valori dello spread medesimo. Ma non vale la pena parlare ai sordi e ai ciechi che anche nel 2008 dicevano che chi parlava di crisi era un catto-comunista. Ora non serve prendersela con i ciechi e i sordi. Serve tuttavia ricordare che la caduta dello spread vuol dire una bella manciata di miliardi pronta-cassa.
Ebbene, non li si lasci nelle mani dei servitori della tecnocrazia nulla-sapiente di Bruxelles che sono incistati presso la Ragioneria Generale dello Stato: essi son pronti a far sparire quelle risorse per – udite, udite! – risanare il debito. Ma si tratterebbe di raccogliere il mare con un ditale. Ci vuol bel altro, ossia il taglio degli sprechi improduttivi e gli investimenti. È un’impresa inutile che serve solo a guadagnare i galloni tedesco-teutonici anziché manifestare fedeltà alla Repubblica e alla propria Patria, come si farebbe per esempio in Francia e in Spagna, senza parlare della Heimat tedesca.
Insomma, occorre accendere un faro su queste risorse risparmiate sul fronte dei tassi di interesse dei titoli di stato per intervenire subito con misure di arginamento delle sofferenze sociali che sono in crescita costante nonostante i buoni propositi governativi. La disoccupazione è al primo posto, ma anche i disagi degli anziani e dei non autosufficienti, insomma degli ultimi, son lì dinanzi a noi e il dolore sale! Si incontrino le parti sociali: sindacati dei lavoratori e mondo del volontariato in primis e si dia risposta alla sofferenza più grave. Si creerà inoltre domanda effettiva sul lato del consumo e si metterà in moto qualche ingranaggio che ora, fermo e immobile, paralizza ancor più una possibile ripresa, sempre annunciata e ancora non iniziata.