Il consiglio dell’Acri, l’associazione fra le 88 Fondazioni italiane di origine bancaria, è convocato per stamattina e all’ordine del giorno – salvo colpi di scena – c’è la bozza di “autoriforma concordata” con il ministero del Tesoro. È quindi in dirittura finale un percorso annunciato lo scorso ottobre dal ministro Pier Carlo Padoan alla Giornata del Risparmio. Giuseppe Guzzetti – presidente dell’Acri e della Fondazione Cariplo – aveva letteralmente aderito in tempo reale: la traccia di trasformazione in “atto negoziale” della Carta delle Fondazioni varata tre anni fa dell’Acri, era stata inviata in via XX settembre nell’arco di pochi giorni. Ma l’esame da parte dei tecnici del Tesoro è stata laboriosa: tanto che all’inizio del 2015 – soprattutto attorno al decreto-blitz di riforma forzata delle grandi Popolari – non erano mancate indiscrezioni su colpi a sorpresa in preparazione da parte del governo Renzi anche sugli enti. Le ultime indicazioni confermerebbero invece l’intenzione da parte del Tesoro di mantenere gli impegni presi con le Fondazioni e di rispettare il percorso auto-definito dall’Acri.



Solo i comunicati ufficiali, in ogni caso, potranno specificare nel merito la misura del compromesso formalizzato di metodo (quest’ultimo un’indubbia affermazione personale e istituzionale di Guzzetti, a 12 anni dalle sentenze della Corte costituzionale che sancirono l’autonomia statutaria delle Fondazioni bancarie). Rimangono le “guidelines” dell’autoriforma che l’Acri ha messo in cantiere già al congresso di Palermo nel 2012.



Da un lato la “governance”, con fossati più ampi e profondi fra enti designanti e organi delle Fondazioni: con più ostacoli per un sindaco che voglia trasferirsi al vertice di una Fondazione o – viceversa – per un leader di Fondazione che voglia “tout court” rilanciarsi a qualche tornata elettorale. In secondo luogo, la gestione del patrimonio, con più paletti preventivi: divieto di investire in strumenti di finanza strutturata e un’equilibrata diversificazione degli impieghi (non più di un terzo del portafoglio totale nella banca cosiddetta “conferitaria”: l’antica banca da cui la Fondazione è nata).



Se questi standard fossero stati rigidamente applicati – assieme a quelli stabiliti dalle leggi del 1990 e del 1998 – i dissesti di Mps e Carige probabilmente sarebbero stati evitati. La nuova sfida di Guzzetti e della sua Acri – a viso aperto – riparte da qui.