Una riforma positiva che modernizza il servizio pubblico televisivo. È il commento di Giovanni Minoli, per 41 anni giornalista, conduttore e dirigente Rai. Il consiglio dei ministri sta lavorando a un progetto per attribuire tutti i poteri gestionali a un unico amministratore delegato, anziché all’attuale tandem Cda-direttore generale. “L’importante – ha spiegato Renzi – è affidare a un amministratore la responsabilità di guidare l’azienda senza continuamente mediare con il Cda sulle scelte operative. Se non porta risultati viene cacciato via, ma deve poter decidere come fanno tutti i manager”.
Minoli, come valuta il disegno complessivo di questa riforma?
In questa riforma c’è un punto positivo, e cioè che la Rai sarà una Spa senza alcun vincolo di Pubblica amministrazione. Sarà così eliminato ciò che la blocca, le impedisce di essere impresa e la burocratizza. Il fatto che la Rai sarà guidata da un unico capo è una scelta necessaria e moderna. Il nuovo amministratore delegato dovrà avere competenze gestionali, ma soprattutto di prodotto, perché oggi quello della Rai è un problema innanzitutto editoriale. La vera domanda cui rispondere è per fare quali programmi sia necessario un servizio pubblico. C’è un’intenzione positiva, poi si vedrà quali sono le persone che saranno scelte.
Questo piano risponde realmente all’obiettivo di dividere Rai e politica?
Rai e politica sono indissolubili, come in qualsiasi servizio televisivo pubblico in Europa. Il servizio pubblico deve essere di interesse generale, e quindi l’azionista non può essere un privato. La vera questione è quella di prendere le distanze dagli interessi più bassi della politica, e quindi il problema riguarda come sempre le persone che si scelgono.
Con l’amministratore unico si finisce per spostare l’asse della Rai dal Parlamento al governo?
Perché adesso l’asse come è messo? E Gubitosi chi lo ha nominato? Non certo il Parlamento bensì il governo ai tempi di Monti. La grande Rai di Bernabei, che tutti rimpiangiamo, era nominata dal presidente del consiglio Fanfani. L’unico vero problema è il livello della politica e degli uomini che si scelgono.
Che cosa ne pensa dell’ipotesi di legare il canone Rai alla bolletta elettrica?
Lo ritengo indispensabile.
Enel e Rai non sono due soggetti diversi?
Sono due soggetti diversi ma entrambi rispondono agli interessi generali dello Stato.
Il canone resta una delle tasse più odiate…
Appunto, quando sarà in bolletta nessuno si accorgerà più di pagarla. E poi il problema del canone non è che sia una tassa odiata o amata, ma che risponda alla domanda di qualità di chi paga. Il canone copre solo il 50% dei costi della Rai, non il 100%. L’altro 50% è coperto dalla pubblicità.
Conviene vendere quote di Rai Way a EI Towers, visto che il bilancio Rai non è florido?
Il bilancio Rai non è pessimo. E in ogni caso il mercato sta facendo quello che il centrosinistra non ha fatto, rinunciando ad approvare a una legge sul conflitto di interessi. Il fatto che Rai Way ed EI Towers siano insieme non comporta nessun problema. Se poi il problema è di ordine politico, perché riguarda Berlusconi, la questione è diversa. Il mercato fa giustizia di quello che non è stato in grado di fare la politica.
In che senso?
Non si capisce perché EI Towers non possa scalare Rai Way nel momento in cui è quotata in Borsa. E del resto non c’è bisogno di tenere un controllo pubblico del 51%. L’Enel per esempio è statale a meno del 30%. Un azionista che possiede il 30% è in grado di bloccare un’azienda.
Le quote di Rai Way andavano vendute prima?
Questa era già un’ipotesi del governo Prodi. Poi Prodi cadde e il centrodestra non volle vendere le quote perché Gasparri si oppose.
(Pietro Vernizzi)