Il consiglio dei ministri di ieri ha esaminato il ddl sulla Rai pur senza approvarlo. Il premier Matteo Renzi ha sottolineato che “abbiamo avviato l’esame” e che poi si continuerà nel prossimo cdm. Due le ipotesi al vaglio: abolire il canone o dimezzarlo inserendolo nella bolletta elettrica. “Noi pensiamo alla Rai come a un’azienda che debba essere una delle più grandi imprese culturali d’Europa – ha spiegato il presidente del Consiglio -. Siamo orgogliosi della Rai e vogliamo che competa all’esterno e non una Rai con il naso sull’auditel, ma capace di rappresentare un pezzo del paese. La Rai ha educato intere generazioni, ora deve essere un grande soggetto che porta per mano l’Italia”. Ne abbiamo parlato con Riccardo Gallo, professore di Economia applicata all’Università La Sapienza di Roma e già vicepresidente dell’Iri.
Ritiene che alla fine il canone Rai sarà abolito o dimezzato?
Francamente credo che il canone Rai non sarà né abolito né dimezzato. Il piano del governo va in una direzione esattamente opposta. Punta a riqualificare il concetto di servizio pubblico, ed è frutto di una pace politica con Mediaset che vede come il fumo negli occhi la diminuzione del canone. La Rai è la maggiore industria culturale del Paese e il governo torna a scommettere sulla sua missione pubblica. Da questa riqualificazione può derivare solo un aumento del gettito del canone e non una diminuzione.
Quale sarebbe la soluzione migliore tra quelle prospettate?
L’idea migliore sarebbe abolire il canone. Portarlo in bolletta significa invece tassare la seconda e la terza casa. Attualmente il canone è applicato al telespettatore, inserendolo nella bolletta elettrica si applicherà invece alla casa in cui sta il televisore. Se uno ha la seconda casa paga il canone due volte, se ha tre case tre volte e così via. Diventa quindi un’ulteriore tassa sulla casa.
Secondo lei perché era meglio abolirlo del tutto?
Perché non riconosco il valore pubblico della Rai, in quanto quest’ultima fa programmi modesti e un telegiornale politicizzato. Io non la voglio vedere, e non le riconosco quindi alcuna funzione pubblica. La Rai in luogo della missione pubblica scivola verso la par condicio politica. E’ un’azienda imbottita di personale assunto con le raccomandazioni, è piena di esubero occupazionale ed è caratterizzata da sprechi e favoritismi.
La pace politica con Mediaset è ancora in piedi anche dopo la fine del patto del Nazareno?
Assolutamente sì.
Da dove nasce questa pace?
Nasce dall’arguzia di Renzi che vuole attuare la politica dei tre-quattro forni. Per dominare la minoranza del Pd, il presidente del Consiglio deve avere Berlusconi, Grillo e altre alternative. La pace con Berlusconi è quindi necessaria e ineludibile.
Renzi propone un amministratore unico nominato dal governo. E’ la soluzione giusta?
Già oggi il direttore generale è nominato dal ministero dell’Economia. Si tratta solo di aumentarne i poteri e consentirgli una migliore gestione, ma l’amministratore delegato sarebbe comunque la cinghia di trasmissione con il governo. Ciò implica una stretta dipendenza della Rai dallo Stato. E’ un’ulteriore ragione per cui non è stata possibile una diminuzione del canone, e ciò che è avvenuto in realtà è il contrario di quello che il governo vuole farci credere. Con la riforma di Renzi l’introito complessivo del canone sarà molto superiore rispetto a quello attuale.
(Pietro Vernizzi)