“Nel pubblico impiego resterà il reintegro in caso di licenziamento ingiustificato. Non è un favoritismo ma il lavoro pubblico è diverso: chi licenzia non è un imprenditore che decide con le proprie risorse”. A rivelarlo è stato il ministro per la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, in un’intervista a Repubblica nella quale ha annunciato le linee guida della riforma della Pa che nei prossimi giorni approderà a Palazzo Madama. Ne abbiamo parlato con il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.



Come valuta nel complesso la riforma del ministro Madia?

Ritengo che sia caratterizzata da un metodo centralistico pericoloso. La mobilità è certamente importante, ma c’è l’idea assurda che il dirigente sia un soggetto generico che può passare in modo indolore da un settore all’altro. Ciò implica una separazione tra burocrate e dirigente che non condivido. Buona parte del bagaglio necessario per essere un buon dirigente consiste nell’esperienza, nel fatto di conoscere la struttura in cui si opera ma anche gli uomini che vi lavorano.



Con la riforma l’incarico ai dirigenti pubblici sarà affidato per tre anni e sarà rinnovabile solo per una volta. Lei che cosa ne pensa?

In questo modo togliamo un incentivo importante. Non si capisce perché un dipendente pubblico di fascia medio-alta dovrebbe lasciare un posto sicuro per essere ruotato in qualsiasi amministrazione possibile e dopo tre anni trasferito non si sa bene dove. Tra l’altro non ha alcun senso trasferire un dirigente dell’Agenzia delle Entrate al ministero del Lavoro o viceversa, mentre la questione cambia se lo si trasferisce all’interno dello stesso settore. Rispettare lo spirito di corpo è essenziale per motivare un dirigente, consentendogli di non essere considerato un estraneo dai suoi stessi dipendenti.



Nel pubblico impiego resterà il reintegro in caso di licenziamento ingiustificato. Come valuta questa scelta?

La rinuncia al licenziamento disciplinare nella Pubblica amministrazione è un fatto gravissimo. Non dico che bisognerebbe farvi ricorso in tutti i casi, ma che bisognerebbe specificare tre o quattro tipologie in cui il licenziamento disciplinare con indennità sia possibile.

Con quali obiettivi?

Ciò servirebbe finalmente a far funzionare un’amministrazione che molte volte consente di non rispettare gli orari d’ufficio, di fare in ufficio un lavoro diverso da quello per cui si è pagati, di rifiutarsi di eseguire gli ordini del superiore. Nella Pubblica amministrazione si è obbligati a tenere la mela bacata insieme a quella buona. Diverso è il discorso sul licenziamento per motivi economici, in quanto la Pubblica amministrazione non ha delle ragioni economiche per operare dei tagli.

 

Per la Madia l’assunzione dei co.co.co. della Pa inizierà solo tra due anni, dopo che sarà stato risolto il problema dei 20mila lavoratori delle Province. Abbiamo ancora una volta due pesi e due misure?

Mi meraviglia che risulti così difficile trasferire altrove i funzionari delle Province. Per farlo basta un decreto relativo allo scioglimento delle Province stesse. Dire come fa il ministro Madia che ci vogliono due anni è un modo per rimandare la cosa a dopo le elezioni.

 

Intanto nella Pa continueranno a esserci migliaia di precari…

Il termine “precari” è sbagliato, in quanto anche nella Pa c’è bisogno di lavoratori a tempo determinato. Ci sono periodi dell’anno con una maggiore o minore necessità di manodopera, e quindi la mobilità temporanea basata sui contratti flessibili è importante tanto nella Pa quanto nel settore privato. Eppure dalla parole della Madia emerge il solito gioco di assumere le persone senza concorso. È un’operazione politica costosa, che peraltro viene fatta in periodo pre-elettorale. La vera priorità però non è questa.

 

E quale sarebbe secondo lei?

La priorità è fare ripartire i progetti d’investimento. Il governo però ha in mente tutt’altro, e ciò è molto preoccupante. Tra l’altro il prestigio degli attuali ministri è molto basso. Secondo un sondaggio del Corriere, l’unico a passare con un punto tra il positivo e il negativo è Padoan, tutti gli altri hanno un voto negativo. In parte dipende da loro, ma in parte anche dai programmi che sono stati fatti e dal modo in cui sono impostati.

 

(Pietro Vernizzi)