Dal 1990 sul mercato sono arrivati beni e servizi, per numero e volume, come mai visti prima. Da allora i redditi erogati dalle imprese sono invece pressappoco gli stessi. Gulp, da operatore economico dell’acquisto come faccio a fare quel che mi spetta con il poco denaro che mi resta e, per non farmi dare del renitente alla spesa, come posso impiegare quel resto al meglio?



Così quando, per la prima volta dal 2009, Samsung Electronics congela ancora i salari trasalgo. A gennaio Samsung ha annunciato il primo calo dei suoi profitti annuali dal 2011. La risposta: stop agli aumenti salariali per quest’anno. A pesare sui conti Samsung sono la concorrenza di Apple e quella sui prezzi della cinese Xiaomi. Già nel 2009 il congelamento dei salari era stato deciso sulla scia della crisi finanziaria.



Di primo acchito rispondo di botto: loro tagliano i costi, tagliando i redditi? Bene, noi taglieremo le spese! Una partita di giro, insomma, e chi non ci mette ci rimette. Quelli che sanno ribattono: ehi, ehi, attenzione! Questi tagliano il costo del lavoro, riducono pure i prezzi però. Vero, li tagliano con gli aumenti di produttività. Sono loro, quelli della deflazione “buona”. Già, e qua sta la seconda partita di giro.

In tutto sto’ girare c’è puzza di raggiro. Ci sono fette di innovazione nei prodotti dell’high tech che aumentano la produttività riducendo i costi; c’è pure il vecchio che resta, ampiamente ammortizzato, che migliora i ricavi. L’ultimo smartphone contiene il 30% di quell’innovazione rispetto al penultimo e costa pure meno. C’e pure un qui pro quo però: non è un buon affare. Nell’acquistare il nuovo 30%, riacquisto pure quel vecchio 70% che sta nel telefono che scarto: a occhio e croce, insomma, ci rimette il mio potere d’acquisto e faccio una figura barbina. Cattiva la domanda, pessimo uso del denaro, scarto del valore: bassa la produttività del mio agire economico.



Un brutto affare, appunto. Ancor più brutto se la produttività delle imprese, confliggendo con quella dei consumatori, altera risolutamente l’efficienza dell’intero meccanismo economico. Per uscire dall’impasse occorre usare la forza, mettere in campo la potenza di fuoco disponibile e un po’ di capacità coercitiva. Sfoderare insomma il potere d’ acquisto.

Giust’appunto “Potere”. Se esercitato fa il 60% della crescita, fuori esercizio vanifica le altrui produttività. Esercitarlo conviene. Lo si può esercitare al meglio contrattando. Magari proprio con quelli dell’high tech per far produrre loro e acquistare noi quel “Chip Innovazione” da inserire nel vecchio Phone. Con quelli dell’industria della medicina stabilire un formato, non più standard, della confezione farmacologica che deve essere misurato invece su ogni specifica patologia. Risparmio io, il Ssn, pure meno residuo: tre piccioni con una fava. Suppergiù lo stesso si può fare con i produttori di merci “usa e getta”. Basta acquistare l’usa e riusa: si spende meno, si smaltisce ancora meno.

Far questo rassoda la produttività, migliora la capacità di spesa; tutto torna chiaro e tondo. Giust’appunto tondo, come il sistema produttivo dove girano insieme chi con un produrre produttivo dà spinta al ciclo e chi con un consumare altrettanto produttivo rende perpetuo quel girare.