Il governo vorrebbe ridurre il numero delle infrastrutture strategiche dai 400 interventi iniziali agli attuali 25, con i costi che scenderanno da 76,3 a 69,2 miliardi di euro. È quanto sarebbe previsto, secondo Repubblica, dal Documento di economia e finanza (Def), da cui scompaiono inoltre i 489 milioni di euro destinati all’edilizia scolastica. Intanto il sindaco di Bari, Antonio Decaro (Pd), per evitare che vi siano tagli ai Comuni ha lanciato una proposta condivisa anche da Piero Fassino, presidente Anci e sindaco di Torino: “Una delle ipotesi – ha detto Decaro a Repubblica – è la possibilità, prevista da un decreto legislativo del 2011, di inserire una tassa da 1 euro per ogni viaggiatore che transita da porti e aeroporti”. Ne abbiamo parlato con Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.



Che cosa ne pensa della riduzione dei finanziamenti alle infrastrutture?

Non la ritengo una scelta felice, perché lega la ripresa dell’economia all’andamento dei mercati internazionali e alle esportazioni. Queste ultime stanno dando segni di una debolezza che senza misure alternative finirebbe per ricadere sul Paese.



Il governo prima annuncia che non ci saranno i tagli ai servizi, ma poi procede con i tagli agli investimenti. Non è una contraddizione?

La cosa più sensata fin dall’inizio avrebbe dovuto essere un temporaneo sacrificio dei contribuenti per finanziare una robusta e sostanziosa spinta agli investimenti pubblici che sono ormai in diminuzione da quando l’economia è in crisi. Gli investimenti pubblici, anziché essere anti-ciclici, sono stati pro-ciclici. Nel momento in cui l’economia ha iniziato ad andare male sono cioè a loro volta diminuiti, mentre avrebbero dovuto aumentare.

L’idea di concentrare le risorse disponibili su pochi interventi prioritari è un bene o un male?



La logica da seguire più che concentrarsi su pochi interventi dovrebbe essere quella di partire da quelli più urgenti. Ciò dal punto di vista della necessità sociale sarebbe molto sensato, perché ormai ci sono situazioni in cui il patrimonio pubblico sta perdendo letteralmente i pezzi. Bisogna inoltre chiedersi quali siano gli investimenti che possono creare più occupazione e indurre un moltiplicatore sugli investimenti privati.

Sembra che scompariranno i 489 milioni destinati all’edilizia scolastica. Un’altra promessa di Renzi che va in fumo?

Purtroppo la mancanza di investimenti nel settore scolastico diventa una prova di ciò che sta producendo la riduzione della spesa. Anziché razionalizzarla, la spending review sta spostando la spesa dal pubblico al privato. Quando le scuole funzionano, ciò avviene solo grazie al contributo dei genitori.

 

Vanno scongiurati i tagli ai servizi?

Personalmente sono contrario anche a una riduzione dei servizi. Si parla addirittura di una riduzione ulteriore alle fasce di disabilità, e in questo modo si rischia di avere delle ulteriori conseguenze negative sul tenore di vita di soggetti di per sé molto deboli.

 

Renzi ha detto che le tasse non aumenteranno, ma tra le ipotesi c’è un’imposta sul biglietto aereo. Non è una contraddizione?

È nella logica dello stillicidio in atto. Quella sul biglietto aereo sarebbe un’imposta accettabile se si stabilisse che dopo un certo periodo di tempo decadrà automaticamente. Il problema è che invece questi aumenti poi diventeranno permanenti e finiranno per accrescere la pressione fiscale complessiva. Nell’ultimo trimestre del 2014 la pressione fiscale sul Pil è stata del 50%. Due terzi delle tredicesime se ne vanno in tasse, e l’intera economia che ruota intorno a spese che una volta erano legate alla tredicesima non c’è più.

 

Tra le tasse temporanee diventate permanenti c’è anche l’accisa sui carburanti per la guerra di Libia che si è conclusa nel 1932…

Sarebbe interessante sapere se i francesi pagano ancora imposte coloniali o se si tratta di una prerogativa italiana. Ciò dà comunque l’idea di come una volta introdotta una tassa nel nostro Paese sia impossibile abolirla. La stessa imposta sulla casa potrebbe funzionare se la pressione fiscale complessiva non fosse così alta, ma di fatto finisce per essere una patrimoniale.

 

(Pietro Vernizzi)