Josephine Witt – la Femen tedesca che ieri ha goliardicamente aggredito Mario Draghi – vorrebbe che le si credesse quando prova a mettere alla gogna la “Dick-tatorship” della Bce. Vorrebbe che la prendessimo in parola quando tenta di inanellare un ennesimo, preteso “nemico della libertà”: in una sorta di girone dantesco che ha già fatto un fascio di Vladimir Putin e di Papa Bergoglio. Invece la bravata di Blockupy ha serie chance di aver reso un cattivo servizio a tutti coloro che – con qualche ragione – soffrono nell’Europa della bassa crescita.
La caduta dei redditi, la disoccupazione, la pressione fiscale sono problemi reali e drammatici: quando ormai si avvicina il decennio della grande crisi è ormai chiaro che il presente e il futuro sono “terra incognita”. È un mondo in cui le dottrine (economiche) contano meno che dimensioni più strettamente umane: abbiamo già più volte sottolineato che “fides” – nel codice culturale europeo – traduce sia “fiducia” (quella che il presidente della Bce cerca di stimolare con il Quantitative easing dell’euro), sia “fede”, quella che papa Francesco declina soprattutto come “vita responsabile”, non solo per i cristiani.
Ci sbaglieremo, ma la Femen che aveva già provato a trasformare in carnevale la Messa di Natale 2013 nel Duomo di Colonia, ha soprattutto paura. Paura di come – allo stesso modo di Draghi e Papa Bergoglio – non dispone di nessun potere se non quello di toccare gli “io” più profondi di centinaia di milioni di europei. Fra i quali sono molti coloro usciti più poveri dalla Grande Crisi e parecchi coloro che – in democrazia – hanno votato Matteo Renzi in Italia o Alexis Tsipras in Grecia. Ma fino a che una Femen lancerà coriandoli a Francoforte, quell’esatto-contrario-di-una-Femen che abita nella cancelleria di Berlino continuerà governare indisturbata.