I tecnici del servizio Bilancio di Senato e Camera hanno sollevato una serie di osservazioni sul Def. I principali rilievi critici riguardano la carenza di privatizzazioni e la mancanza di alcuni decreti che dovranno attuare la tax credit per le donne e la cessione di ferie tra colleghi previste dal Jobs Act. Potrebbe essere di conseguenza necessaria una manovra aggiuntiva da 6 miliardi. Ne abbiamo parlato con il professor Nicola Rossi, economista ed ex parlamentare prima del Pd e poi del gruppo misto.



Che cosa ne pensa delle critiche da parte del servizio Bilancio?

Queste critiche nascono da una serie di elementi di incertezza. I tagli di spesa sono ancora non definiti e non è detto che possano raggiungere l’esito voluto. A ciò si aggiunge la valutazione del tasso di crescita, che potrebbe rivelarsi diverso da quello che ci si immagina. Speriamo tutti che sia maggiore rispetto al previsto, ma non abbiamo la garanzia del fatto che sia così.



Il tesoretto sarà riassorbito nel bilancio dello Stato?

Proprio non capisco di che cosa si parla con questo termine. Non c’è nessun “tesoretto”, il governo ha semplicemente deciso di fare un po’ più di disavanzo. Non è quindi un tesoretto ma debito.

Ma le decisioni sul bilancio non dovrebbero spettare alla politica anziché ai tecnici?

Il servizio Bilancio del Parlamento sta lì esattamente per fare le pulci al governo. A mio modo di vedere in questo periodo le ha fatte anche poco, e se ha deciso di incominciare a farle è solo un bene. La politica prenderà poi le sue decisioni, ma non è accettabile che il governo vari un Def parlando di un tesoretto che non esiste. Sono cose che non ci si attenderebbe dal governo di un grande Paese avanzato.



Sarà necessaria una manovra aggiuntiva?

È presto per dirlo, dobbiamo vedere se la ripresa si consolida così come si sta ipotizzando. Dobbiamo inoltre capire se i nuvoloni che si vedono all’orizzonte sono passeggeri o meno. Pensiamo a quello che può accadere per un’uscita della Grecia o per il fatto che nei prossimi mesi avremo sulle nostre spiagge tra 100mila e 300mila migranti. La principale conseguenza sarà quella di ripristinare il clima di incertezza nel Paese.

Che cosa non va nel Def e che cosa cambierebbe?

Non è una questione di testo del Def, ma è un problema di impostazione. Si fanno riforme quali la giustizia e la legge elettorale, mentre l’aggiustamento di finanza pubblica non è considerato la principale riforma da fare.

 

Renzi negli Stati Uniti ha detto che l’Italia è come la bella addormentata da risvegliare. Che cosa sta facendo il governo per rimettere in moto il Paese?

Il governo per risvegliare la bella addormentata ha fatto molto movimento, ma finora i fatti non sono moltissimi. In positivo c’è stato il provvedimento sulle popolari, ma per il resto c’è ancora poco. Purtroppo il Def è una conferma di questa strategia: è come se il governo pensasse di poter andare a votare in qualunque momento, proprio perché in ogni momento le cose possono precipitare, e quindi ci si prepara in questa direzione. Ma le elezioni anticipate non sono la soluzione che serve al Paese.

 

Il governo dal punto di vista della politica economica vive alla giornata?

Più che vivere alla giornata, il suo impegno sul versante delle riforme per il momento è soprattutto verbale. Dal punto di vista della politica economica sostanzialmente si fa poco o niente e quel poco che si fa va nella direzione opposta a quella che dovremmo seguire. Uno dei problemi principali di questo Paese è il debito, ma su quel fronte non facciamo nulla. È come se il governo non pensasse che l’aggiustamento del bilancio pubblico è la principale riforma che dobbiamo fare.

 

(Pietro Vernizzi)