La Whirlpool chiuderà l’ex stabilimento Indesit di Caserta e il centro di ricerca e sviluppo di None (Torino). La multinazionale americana a fine anno aveva acquistato l’ex società della famiglia Merloni e ora lascerà senza lavoro ben 1.340 dipendenti. “La nostra risposta come governo è molto chiara: gli impegni assunti si mantengono. Siccome Whirlpool ha preso Indesit che aveva un tipo di piano sul versante dell’occupazione lo deve mantenere”, ha commentato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Mentre il segretario della Cgil, Susanna Camusso, ha osservato che “bisogna costruire una soluzione che salvaguardi l’occupazione, soprattutto al Sud”. Abbiamo chiesto un commento al professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Come legge un evento come i licenziamenti annunciati dalla Whirlpool?
È la dimostrazione del fatto che la politica economica di questo governo e della stessa Cgil è sbagliata. In un’economia di mercato a contare per fare funzionare le imprese non sono gli impegni presi con il governo, bensì le scelte aziendali basate sulla convenienza economica nell’ambito di pratiche di concorrenza. Se c’è una distorsione della concorrenza da parte del governo, qualcun altro la deve pagare e i risultati si vedono in quanto i paesi che adottano questi sistemi poi non riescono a crescere. Al ministro Poletti andrebbe ricordato che lavoro ed economia non sono variabili indipendenti.
Può fare un esempio?
Trovo emblematico il modello della Fiat che riesce a dare ai suoi lavoratori un doppio bonus basato sulla produttività, mediante contratti aziendali negoziati con i sindacati. L’economia italiana invece cresce ben poco, e per quel poco il merito è dell’industria dell’auto. L’industria dei frigoriferi, che non ha adottato questo modello, non riesce a farcela. La soluzione quindi non è invitare la Whirlpool a rispettare gli impegni presi. Il vero problema sono le misure attuate dal nostro governo: mi riferisco al contratto nazionale a tutele crescenti con tanto di bonus e agli stessi incentivi per chi acquista frigoriferi.
Perché il contratto a tutele crescenti non è la soluzione?
Faccio notare che se i 1.340 lavoratori che saranno licenziati da Whirpool avessero il contratto a tutele crescenti, non riceverebbero nemmeno la cassa integrazione. Ciò di cui c’è bisogno è il contratto libero di secondo livello. L’unico rilievo che si può muovere alla Whirpool è che se licenziasse i lavoratori senza chiudere due stabilimenti, rimarrebbe inalterata la possibilità di rilanciarli qualora in futuro l’economia dovesse ripartire. Ciò vale a maggior ragione per Caserta, dove la disoccupazione crea un terreno di coltura più favorevole alla malavita.
Quali sono le responsabilità dei nostri governanti?
La politica economica dei nostri ultimi governi non è stata tale da attirare gli investimenti internazionali, mentre in Spagna sono in crescita in tutti i settori. I governi italiani a partire da Monti hanno tassato pesantemente l’abitazione, e in particolare la prima casa, e nello stesso tempo si sono illusi che la gente comprasse più elettrodomestici. Mi domando come si possa pretendere che la gente acquisti i frigoriferi se non è in grado di prendere casa. Va notato che le tasse sulla casa colpiscono soprattutto il ceto medio, mentre gli 80 euro in busta paga sono stati destinati alle classi meno abbienti.
Lei ha detto che una parte degli stessi sindacati ha sbagliato. In che cosa?
Ci troviamo di fronte a una politica concepita in modo da danneggiare la contrattazione sindacale aziendale basata su una comunità, cioè la fabbrica, a favore di un’astratta contrattazione burocratica nazionale. Gli organismi nazionali di Confindustria e sindacati sono uffici burocratici, non certo comunità.
In che senso?
La contrattazione aziendale è un’azione comunitaria, e quindi ha un contenuto sociale intrinseco. Quella nazionale invece è una scelta tecnocratica calata dall’alto. Nel principio di sussidiarietà, che dovrebbe essere fondamentale se si considera il lavoratore come un soggetto e non come una merce, deve prevalere la comunità sulla burocrazia e sull’autorità. A ciò si aggiunge un discorso economico, perché i contratti di secondo livello generano produttività, mentre la scelta autocratica genera disoccupazione.
(Pietro Vernizzi)