La Banca d’Italia sta lavorando “per rendere più fruibile il trasferimento delle quote” dei partecipanti al capitale che ne detengono quote superiori al 3%, in particolare Intesa Sanpaolo e UniCredit. Lo indica il Governatore della Banca d’Italia. Ignazio Visco lo ha detto ai senatori della Commissione Finanze, anticipando il Rapporto sulla stabilità in uscita a fine mese e la lunga volata verso le Considerazioni finali del 31 maggio. “Le quote andranno alle banche che non ne hanno, ai Fondi pensione e alle assicurazioni: bisogna trovare gli interlocutori”. La Banca d’Italia “non viene privatizzata” ha tagliato corto Visco: “Quello che c’è nella banca è degli italiani”.
A quasi dieci anni dal varo della “legge sul risparmio” – che dettava la rottura del cordone conflittuale fra banche azioniste e istituto di vigilanza – il successore di Mario Draghi ha quindi annunciato che la fase realizzativa è vicina. E l’alleggerimento del patrimonio immobilizzato di UniCredit e Intesa Sanpaolo in via Nazionale è certamente “qualcosa di bancario” che viene pronunciato dal banchiere centrale italiano. Non da poco anche la soluzione tecnica delineata: la nascita di una piattaforma di negoziazione (probabilmente si tratta di e-Mid, finora mercato interbancario dei depositi). Sarebbe quindi attivata una “Borsa delle quote Bankitalia”. Su questa – sottolinea Visco – potrebbero operare anche alcuni investitori istituzionali come fondi pensione e assicurazioni.
Significativamente non ha menzionato le Fondazioni bancarie, che proprio ieri hanno siglato l’autoriforma presso il ministero dell’Economia. Può essere una conferma indiretta che c’è consenso istituzionale sul fatto che le Fondazioni abbiano ancora molto lavoro da fare su due terreni consolidati: le banche (soprattutto le Popolari Spa) e la Cassa depositi e prestiti, centrale di fondi infrastrutturali e di private equity pubblico (basti pensare al nodo Metroweb-Telecom o alla “guerra delle torri tv”, se non alla stessa Rai).
Le stesse Fondazioni, d’altronde, sembrano candidate anche a un altro impegno su cui ieri in Parlamento Visco è sembrato voler chiudere il cerchio: la “bad bank”. Per risolvere il problema delle sofferenze delle banche – ha invocato – “serve un intervento pubblico; lo dico da un anno e mezzo”.
Secondo Visco, “ci sono giustificazioni per l’intervento pubblico dalla crisi” che ha appesantito il fardello dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche. “Ci sono iniziative in corso su cui lavoriamo intensamente; dobbiamo stare molto attenti agli aiuti di Stato. Se c’e’ un ruolo pubblico, deve essere conveniente per il pubblico, con una partecipazione del sistema dei privati”: I primi privati sarebbero in realtà le Fondazioni
Non da ultimo, il governatore che siede nel consiglio generale della Bce, si è augurato che “una valutazione attenta sugli effetti macroeconomici che ulteriori richieste di capitale potrebbero avere sull’offerta complessiva di credito all’economia”. È vero che ha ribadito l’ammonimento ad allineare velocemente il sistema bancario italiano alla nuova cornice regolamentare Ue: “Lunghi tempi per la trasposizione delle regole europee nell’ordinamento nazionale – ha osservato – ostacolano l’impegno e la partecipazione attiva del nostro Paese al processo di integrazione finanziaria europea”. Ma – a differenza del passato – non è stato il primo capitolo.