Il World Happiness Report (Rapporto sulla felicità nel mondo) predisposto dal Sustainable Development Solutions Network (agenzia delle Nazioni Unite che elabora progetti di sviluppo sostenibile) colloca l’Italia al cinquantesimo posto: tre posti in meno nel ranking mondiale della felicità rispetto allo scorso anno.



All’apice della classifica c’è la Svizzera che balza avanti perché, come dicono gli autori del rapporto, ha investito, al pari di alcuni Paesi del nord Europa, nelle relazioni solidali. Cioè, sempre secondo gli autori, gli svizzeri si sentono meno soli, soprattutto nei momenti più difficili.

Se questi sono i parametri, non si giustifica allora il declassamento dell’Italia. Basta infatti leggere i dati dell’ultimo rapporto Cnel-Istat sul benessere in Italia per scoprire che circa l’81% degli italiani dice di avere parenti, amici o vicini su cui poter contare nel momento del bisogno e che il 29% si dice molto soddisfatto per le relazioni amicali e familiari. E poi, tutti abbiamo negli occhi (forse non gli estensori del rapporto) le migliaia di volontari impegnati a dare il proprio contributo nelle tragedie come il sisma in Emilia o in Abruzzo: l’Italia e gli italiani c’erano.



La crisi, certo, può aver avuto effetti negativi sul tessuto sociale, però leggendo il rapporto sulla felicità in Italia (iHappy 2014) appare evidente che seppur in parte legata alla qualità della vita, la felicità dipende soprattutto da eventi personali e non tanto dalle evoluzioni degli indicatori economici.

Anche di fronte alle drammatiche casistiche come quelle relative ai suicidi, la tirannia dei numeri non lascia equivoci: a un tasso del 6,3% riferito all’Italia corrisponde un preoccupante raddoppio del medesimo tasso in Islanda e Svizzera (11,2%); non si spiega poi perché debba essere infelice un Paese come l’Italia che ha un indice di aspettativa di vita alla nascita tra i più elevati al mondo: 82,03 anni.



In ogni caso, i dati del World Happiness Report non possono lasciare indifferenti, ma anzi devono spronare l’Italia, che ha tutte le carte in regola per fare meglio, a recuperare anche le classifiche più discutibili. Qualche concreta reazione sembra già esserci stata. Di recente è stata presentata in Parlamento una proposta di legge che reca “Disposizioni per l’utilizzazione degli indicatori di benessere nelle politiche pubbliche”.

Questa proposta prevede, appunto, l’introduzione di indicatori di benessere, di sostenibilità ambientale, di qualità sociale e di parità tra i sessi quali strumenti previsti dalla normativa nazionale nell’elaborazione, nell’adozione e nella valutazione delle politiche pubbliche affinché esse possano essere efficaci nel migliorare le condizioni di benessere del Paese nel suo complesso.

Un anglosassone colto e sanguigno come Orson Welles ricordava che l’Italia dei Borgia, dei tradimenti e dei complotti ha prodotto il Rinascimento e geni quali Michelangelo e Leonardo, mentre la Svizzera, in cinquecento anni di pacifico vivere, ha prodotto l’orologio a cucù.