«La clausola di salvaguardia è la conseguenza della mancata crescita del Paese. Rispondere con un taglio indifferenziato della spesa pubblica significa non avere capito qual è la vera posta in gioco». Ad affermarlo è Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano. Per scongiurare la clausola di salvaguardia che prevede aggravi Iva da 16 miliardi di euro, il governo dovrà riuscire a tagliare 10 miliardi di spesa. Un compito difficile affidato a Yoram Gutgeld e Roberto Perotti, che finora sono riusciti a individuare 6 miliardi di possibili tagli. Di questi 2,5 miliardi riguardano la spesa sanitaria e 1,5 miliardi l’eliminazione di sgravi fiscali. Ma ci sono anche tagli relativi ai sussidi alle imprese, al trasporto pubblico locale e alle Ferrovie di Stato.
Professore, è un piano che può funzionare?
La spending review è una riduzione della spesa pubblica. In particolare per la sanità, ciò ha notevoli implicazioni per la vita quotidiana dei cittadini. In Lombardia, una delle Regioni con la sanità meglio organizzata in Italia, i tempi di attesa per un cittadino normale sono lunghissimi. Non vedo quindi come tempi di attesa così lunghi possano essere accorciati dalla spending review. Quest’ultima semmai allunga ancora di più i tempi di attesa.
Al di là dei tempi di attesa, che cosa accadrà con i tagli alla sanità?
I tagli alla sanità faranno sì che i servizi sanitari, soprattutto quelli più urgenti, saranno pagati in modo privato. La spending review sulla sanità non fa altro che privatizzare la spesa pubblica. Porta cioè a carico del contribuente ciò che dovrebbe essere a carico della collettività. Una spending review seria deve essere realizzata in modo molto circostanziato. L’esempio classico della siringa, che costa in modo diverso a seconda dei diversi territori, non tiene conto per esempio delle competenze che spettano alle Regioni.
Quindi non stiamo andando nella giusta direzione?
La vera domanda è se facciamo dei tagli per migliorare l’efficienza della spesa, oppure per spendere meno e privatizzare. Dire che si risparmiano 2,5 miliardi sulla sanità non indica esattamente come siano realizzati i tagli. Qui si continua a dire che vogliamo ridurre la spesa pubblica per renderla più efficiente, quando in realtà l’unico obiettivo è ridurre le uscite per obbedire ai vincoli di bilancio. Tagliando la spesa pubblica si finisce così per frenare la crescita economica del Paese, e quindi il miglioramento del rapporto deficit/Pil non è mai quello sperato perché se l’economia rimane ferma anche le entrate non crescono.
Il Governo vuole fare passare il fatto che la clausola di salvaguardia non scatti come un taglio delle tasse. È veramente così?
È evidente che questo non è affatto un taglio delle tasse. Nella Legge di stabilità 2015 si è fatta una proiezione e si è stimato che il Paese crescerà, e che quindi aumenteranno le entrate fiscali. Si è garantito che, se il Pil non fosse cresciuto, l’Italia avrebbe rispettato i parametri aumentando l’Iva. Dire che non aumentare l’Iva sia un taglio delle tasse è semplicemente voler confondere le carte in tavola. La clausola di salvaguardia era stata decisa nel caso in cui i conti non fossero tornati. Ovviamente i conti non sono tornati perché l’economia non è cresciuta, e quindi si dice che “ovviamente” dovremmo aumentare l’Iva, ma che se ciò non avverrà sarà merito del fatto che il governo ha deciso di ridurre le tasse.
Lei dove li troverebbe questi 10 miliardi di tagli indispensabili?
Ma indispensabili per che cosa?
Perché non scatti la clausola di salvaguardia…
La clausola di salvaguardia è la conseguenza della mancata crescita del Paese. Vogliamo capirlo o no? Contro che cosa dovremmo essere salvaguardati?
Dal fatto che il Pil non cresce…
E come mai il Pil non cresce? Perché si introducono troppe tasse. Si aumenta la pressione fiscale sulle famiglie, in modo diretto o indiretto, e questo frena l’economia.
Quindi bisogna tagliare le tasse?
Certamente. Siamo in crisi da sette anni, e da tre anni i Paesi del Sud, in particolare l’Italia, stanno attraversando una crisi molto forte come non avevamo mai avuto in precedenza. Questa crisi è stata accompagnata da forti sacrifici come aumenti di tasse e riduzioni di spese, eppure la situazione è ancora quella sotto gli occhi di tutti. Questa politica quindi non è quella giusta. La verità è che l’Italia è un Paese sempre più isolato in Europa, perché siamo gli unici cui è chiesto in modo inflessibile di fare i “compiti a casa”, un termine offensivo con cui ormai sono qualificati i sacrifici che gli italiani continuano a fare.
(Pietro Vernizzi)