Secondo una recente ricerca americana, ben il 47% dei posti di lavoro negli Usa risulta a rischio, per un incremento della tecnologia, nei prossimi 20 anni. Beh, dal momento che chi ha tempo non aspetta tempo già oggi alcuni degli articoli e delle notizie di agenzia che possiamo leggere sul web sono prodotto di complessi algoritmi informatici. Un algoritmo risulta già in grado, nella vendita al dettaglio, di dare risultati migliori di un venditore umano grazie alla grande quantità di dati che è in grado di considerare. Un altro settore messo a rischio dalla tecnologia è poi quello della logistica, nella quale si stanno affacciando veicoli completamente automatici in grado di organizzare automaticamente magazzini; per non parlare di settori come agricoltura e trasporti, dove veicoli a motore e agricoli potrebbero essere già facilmente guidati da un computer.
Uno scenario, questo, che prefigurerebbe una società molto differente da quella attuale nella quale poche persone fisiche o giuridiche, che possiedono macchine, sarebbero i soli in grado di guadagnare, togliendo così ogni fonte di reddito alla classe media.
D’altronde già nel dicembre di due anni fa Amazon aveva dichiarato l’inizio di un progetto test di consegna pacchi attraverso i droni. Nel frattempo una società inglese, Mole Solutions sta sviluppando un progetto all’opposto: dall’aria al sottosuolo, cioè utilizzare o creare una rete sotterranea di tunnel nelle grandi metropoli. Obiettivo: diminuire il traffico stradale e creare un’alternativa alla più rischiosa soluzione dell’utilizzo dei droni.
Il governo inglese poi sta sostenendo forti finanziamenti nell’innovazione nel settore dei trasporti: nuovi sistemi di movimentazione, brevetti di “mobilità intelligente”, auto senza conducente, sensori sotterranei e nuove condutture di trasporto merci.
Sempre gli anglosassoni, quelli di Oxford, prevedono addirittura ancor più gramo il reddito che viene dal lavoro umano: il 45% verrà fatto da esseri non umani e, gulp, il tasso di occupazione ancor più giù. Un dato lo dice: secondo l’International federation of robotics, “nel 2014 le vendite dei robot industriali si sono impennate del 27% rispetto ai 12 mesi precedenti”.
Cavolo. Manca solo il carico da undici. Eccolo: senza innovazioni e investimenti nel capitale umano “rischiamo una disoccupazione di massa”. Lo dice il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, intervenendo alla presentazione del libro “Investire in conoscenza e innovazione”. Visco ha sottolineato che “nel giro di 10-20 anni un lavoro su due scomparirà”.
Mancherà il lavoro e il reddito da quel lavoro? E no signori, non cospargiamoci il capo di cenere, se non c’è più trippa per i gatti o cambiamo pietanza o ci liberiamo dei gatti! Innovazione e investimenti nel capitale umano per resistere? Prendiamo il Governatore in parola, non per resistere ma per andare all’attacco.
Se la crescita si fa con la spesa, non con la produzione né con il lavoro, vi è più valore nel consumare che nel produrre! L’innovazione sta nel fare di questo valore un prodotto da mettere sul mercato. Del capitale umano, messo in campo nel fare la spesa, ne abbiamo da vendere. Anzi lo vendiamo a tutti quelli che avendo corposamente aumentato la capacità produttiva vorranno smaltirla. Pressappoco una partita di giro tra i consumatori e le imprese.