L’Italia continua a maltrattare la famiglia, semplicemente perché non la vede, e se la vede l’immagine è troppo deformata. E non la vede perché, sotto l’incalzare del pensiero unico neo-liberista in tutti gli ambiti (vedi la riforma della scuola incentrata sull’ideologia dell’incentivo), non sa più vedere relazioni ma solo individui.



La tassazione delle persone continua a privilegiare i single e a svantaggiare le famiglie, soprattutto quelle più povere e quelle con più di due bambini. Per capire la famiglia occorre avere uno sguardo capace di vedere cose che il nostro sistema culturale non vede più, o non ha mai visto. Si continua a considerare i figli come faccende private, dimenticando che ogni bambino è un bene comune, un valore i cui effetti vanno ben oltre la famiglia che lo mette al mondo e lo accudisce. Malattia antica, che ha la sua radice in una società dove lavoravano solo gli uomini, e dove tassando questi si tassava, di fatto tutta la famiglia, e dove era il villaggio a “far crescere” i bambini e le bambine.



La situazione è, grazie a Dio, cambiata, ma il sistema fiscale non se n’è accorto, e non capisce che una famiglia non è una somma di individui, ma una relazione che ha sue specificità che se non viste vengono semplicemente distrutte, o molto penalizzate. Ma mentre paesi più pragmatici (vedi Francia o Germania) hanno capito da un pezzo che sostenere le famiglie, soprattutto quelle giovani con bambini, significa sostenere direttamente l’economia, l’Italia continua a produrre riforme fiscali come se la famiglia non esistesse. Con il risultato che la nostra grave crisi demografica, che è alla radice anche della nostra crisi economica, si intensifica per governi incapaci di fare la riforma più urgente: mettere le persone nelle condizioni di costruire legami durevoli, e di mettere al mondo bambini all’interno di questi legami.



Possiamo fare mille riforme della scuola, della sanità, del terzo settore, ma senza sostenere seriamente la famiglia queste riforme perdono il terreno buono su cui poggiare. Non si tratta di fare regali o generose concessioni alle famiglie, ma soltanto riconoscere il valore che già producono, e generano. Il fisco è il primo strumento del patto sociale, e senza un’inversione di marcia ci troveremo presto in un Paese sempre più impoverito per mancanza di lungimiranza e prospettiva, anche economica.

Occorre una radicale inversione di marcia, che non potrà venire dal governo. Le famiglie devono far sentire di più la loro voce, costringendo la politica a svegliarsi e ad ascoltare il Paese reale. C’è troppo scarto tra l’Italia raccontata nella politica dei talk show e quella reale. Chi legifera su fisco e famiglia non ha competenze su queste tematiche, perché da troppo tempo le nostre classi dirigenti hanno smesso di frequentare le famiglie reali, e descrivono un mondo di carta che assomiglia sempre meno a quello vero.

Fin quando continueremo ad attendere silenti?

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