Sui mercati non è infrequente osservare movimenti significativi anticipati da incrementi di turbolenza, soprattutto sui rendimenti dei titoli di Stato. Quando questa turbolenza si prolunga è raro non rilevrane gli effetti anche sui segmenti azionari. Dalla fine di aprile abbiamo assistito a un evidente movimento negativo nelle quotazioni. Il ripegamento degli indici obbligazionari si è unito alla correzione dei principali indicatori azionari europei. Il movimento – che in altri periodi ha mostrato fasi sequenziali – ha evidenziato una marcata contemporaneità: allo stesso tempo i rendimenti dei bond sono saliti (da livelli oltremodo bassi), gli indici azionari sono scesi (da valutazioni non eccessive se inquadrate in uno scenario di inizio di ripresa economica).



La direzione dei due movimenti, in contemporanea, non trova una immediata lettura razionale (soprattutto i rendimenti dei titoli a lunga scadenza salgono quando inizia a confermarsi la fiducia in una ripresa economica, che dovrebbe corrispondere a una salita delle quotazioni azionarie). L’ampiezza della correzione degli indici azionari europei ha già annullato la differenza di rendimento che si era registrata rispetto ai principali indici del mercato Usa (sia da inizio 2014 che da maggio dello scorso anno). Il movimento nei tassi di interesse del debito pubblico europeo non li ha invece ancora fatti uscire dalla fascia di valori record recentemente raggiunti grazie alle bassissime prospettive di inflazione prevalenti nel nostro continente, che hanno convinto la banca centrale europea a iniziare il programma di acquisto di titoli sui mercati.



Recenti dichiarazioni di Bill Gross, fondatore di Pimco e oggi gestore in proprio, hanno definito i Bund lo “short” del secolo. Gross è però anche l’asset manager che ha liquidato tutte le sue posizioni in titoli di Stato Usa poco prima dell’inizio di una loro altrettanto scolare salita. Forse le cause della correzione di rendimento che stiamo vivendo non sono da ricondurre a una autorevole ma singola dichiarazione (per onestà Gross specificava di attendersi il riequilibrio dei prezzi dei Bund in maggiore prossimità dello scadere degli interventi della Bce), ma anche ad altre componenti.



Altra possibile origine di questo movimento può essere cercata nella ripresa dell’attività di erogazione da parte del sistema bancario continentale, ripresa che porta le banche a sostituire investimenti obbligazionari con concessione di prestiti. In questo caso vale la pena capire se la dimensione della ripresa attività bancaria può superare quella dell’intervento della Bce (che sostiene indirettamente anche l’attività più tradizionale degli istituti di credito): per ora sembra prematuro ritrovare solo qui la spiegazione del movimento anche perché l’evento dovrebbe essere letto positivamente dal mercato azionario.

Riassumendo quanto osserviamo sui mercati europei, possiamo dire che i risultati portati da inizio anno sulle gestioni azionarie dovrebbero essere nettamente soddisfacenti, i rendimenti offerti dal mercato obbligazionario sono adatti al vero investitore irrazionale (ritrovabile più facilmente nei manuali di “economia comportamentale”, probabilmente come caso estremo, che nei testi classici di economia), la correzione contemporanea dei due mercati può quindi derivare da un misto di razionalità che torna – sul mercato obbligazionario – e di volontà di “scrivere” i risultati, nonostante le valutazioni siano ancora contenute (sempre la “behavioural economics” ci spiega l’ irresistibile impulso di liquidare gli investimenti redditizi e mantenere quelli più deludenti).

Dall’altro lato dell’Atlantico, dopo un abbondantissimo preannuncio di cambio di politica, letti i recenti dati macroeconomici, la Fed appare tentennante. Da una sensazione chiara di prossimo rialzo dei tassi, Janet Yellen è passata alle stime di quanto ritardo potremmo osservare rispetto alle sue prime stime. Da una situazione in cui più forze spingevano con evidenza a favore di un dollaro forte, ci troviamo in una in cui il dollaro è ancora forte, ma una delle forze che lo sostenevano sembra essere impercettibilmente svanita. Il mercato inizia di conseguenza a perdere alcune delle certezze che spiegano alcuni movimenti di cui alcuni gestori hanno beneficiato negli ultimi mesi. La volontà della Fed inizia a compiersi ma la guida esatta degli attori di mercato lungo una strada sicura e ben illuminata si è interrotta: inizia il periodo in cui si navigherà a vista scrutando i possibili comportamenti futuri attraverso letture “data dependent”.

Una sola variabile appare ancora non considerata: dopo circa dieci anni di tassi in discesa, di fronte a un probabile, anche se non troppo ampio, spostamento al rialzo delle principali curve dei tassi di interesse, ci troviamo con una struttura di mercato secondario profondamente modificata. La Volcker Rule in Usa , le regole di Basilea 2 e 3, la sempre più fortemente richiesta di separare la banca d’ investimento dalla banca commerciale rendono da un lato la banca commerciale molto simile a una “utility” regolata, dall’altro privano il mercato dell’ operatore che oliava gli ingranaggi consentendone un funzionamento quasi lineare. L’ampiezza dei movimenti oggi osservati in un breve spazio di tempo sul mercato obbligazionario è la prova generale “addomesticata” di quanto potremo osservare quando gli investitori vorranno trasformare la struttura dei portafogli gestiti (seguendo approcci sempre più simili visto che la segmentazione degli operatori per specializzazione in durata degli investimenti è sempre meno netta) e non avranno più di fronte a sé la controparte capace di prendere in posizione quanto sarà offerto in vendita, ma un puro intermediario che si metterà a sua volta alla ricerca di un compratore?

Se questa è la prova generale, allora diventa chiaro perché anche il mercato azionario scende, in questo caso, a prescindere dalle valutazioni non care, le discese sia del mercato obbligazionario che quella del mercato azionario potranno essere abbastanza ampie. Il problema nato dall’ applicazione di una regolamentazione più stretta per una parte specialistica dell’ attività bancaria è noto, la sua soluzione non ancora, per ora emerge che l’ orizzonte temporale che l’investitore deve considerare per mantenere un accettabile livello di tranquillità si sta allungando.

I mercati sono molto ben collegati tra loro, la regolamentazione degli stessi settori si presenta più omogenea rispetto al passato, il vantaggio prodotto della diversificazione geografica/regolatoria si sta riducendo, aumenta l’ importanza della capacità di tenuta delle posizioni. In sintesi, le valutazioni sono ancora molto interessanti, è però opportuno iniziare a ridurre la leva (è presente, bene o male, in molti più portafogli di quanto si pensi, anche in modo inconsapevole).