Era già tutto scritto prima della crisi, viene conclamato quando la crisi scoppia, fin’oggi quando ancora ristagna: la produzione si fa sovraprodotto e il lavoro quel che sovraproduce; i redditi, estratti da queste sovraperformance, sottorenumerano. Così, se quelle risorse di reddito disponibili vengono per intero spese nell’acquisto di beni di consumo e restano ancora beni invenduti tocca, per obbligo d’ufficio, innovare il processo di consumazione per non farci urlare dietro: renitenti!



Innovare si deve, appunto, quando l’alto costo del processo di consumazione lascia troppo non consumato da consumare. Non male. Una forma di innovazione di processo che sia in grado di trasformare un costoso bene di consumo in un bene meno costoso o, ancor meglio, in una fonte di profitto.

Il ruolo lo impone, la necessità di rifocillare il potere d’acquisto lo esige; l’obbligo di spendere, per tornare a fare la crescita, lo rende indispensabile. A tutti gli altri tocca fare il tifo. Proviamo: nella filiera del consumo si va dall’acquisto del prodotto confezionato al consumo, poi allo smaltimento del consumato. Costi si sommano a costi: oltre l’acquisto del prodotto pago “l’incarto”, infine vengo tassato per smaltire il consumato. Già, sempre più merci si agghindano per potenziare il “valore visto”; quel vestito può far lievitare due volte il prezzo, non altrettanto il valore reale. Pago pure per aver fatto del prodotto un residuo, tassando il mio esercizio di ruolo.



Signori, matura il tempo di rifare i conti: se esercito il potere della domanda chiedendo merci svestite d’incanto, le imprese dovranno adeguarsi, magari pure riducendo i costi del prodotto; se c’è valore residuo, nel residuo da smaltire, è mio, gli scontrini che ho in tasca lo mostrano. Giust’appunto, rifiuti che valgono oro. 

Il “megatrend” mondiale lo segnala Bank of America-Merrill Lynch. Lo studio dedicato al settore dei rifiuti la dice lunga: “dal trash al cash”. Il mercato vale oggi un trilione di dollari (410-433 miliardi di dollari per la sola gestione dei rifiuti solidi urbani), già nel 2020 varrà il doppio. In Italia il comparto vale 20 miliardi di euro.



Se tanto mi da tanto, lo vendo ai riciclatori: ci guadagno. Dispenso le Amministrazioni pubbliche locali dall’inefficiente gestione del servizio, rimetto in tasca pure il prelievo fiscale. Signori, questo s’ha da fare. Fatto, l’efficiente gestione degli estremi della filiera consente di migliorare la produttività dell’intero esercizio di consumazione ricavandone un aumento del margine di spesa.

Già, il mestiere è mestiere!