La questione europea diviene sempre più interessante perché sta via via perdendo ogni dimensione economica per divenire invece una questione eminentemente politica sul futuro politico e istituzionale, prima che economico, appunto, del Vecchio continente

Innanzitutto accadono cose strane e ridicole se non fossero drammatiche. Tutti i giornali internazionali, anche quelli italiani e questo è una buona notizia anche se inconsueta, danno risalto a una missiva on line che un alto funzionario della Banca d’Inghilterra avrebbe inviato per sbaglio a The Guardian, importantissimo quotidiano britannico Una nota in cui, com’è più che normale e lecito, la Banca d’Inghilterra predispone teoricamente tutta una serie di cautelative misure da approntarsi nel caso che si decidesse, avvenuto che fosse il referendum, di uscire dall’Unione europea. Un chiaro segnale per dire che si fanno le cose sul serio e che le richieste inglesi sul piano confederativo anziché federativo, ossia su un ampliamento degli spazi di manovra nazionali nell’Unione, non sono una schermaglia elettorale, ma qualcosa da prendere molto sul serio



Non si comprende bene quale sia il destinatario della missiva… I tedeschi sembrano perdere sempre più interesse alle schermaglie istituzionali ed è mia convinzione che, seguendo una vecchia tentazione anti-bismarkiana della politica estera teutonica, la Germania inizi a pensar seriamente a un’Europa senza Regno Unito: situazione che aumenterebbe a dismisura il suo potere sul Vecchio continente anche in forma militare, come sarà inevitabile che accada negli anni futuri, visto il lento allontanarsi degli Usa dall’Europa in forma ormai irreversibile. 



L’altro fatto strano è il gioco di rimpallo che inizia sul problema greco tra Commissione europea e Fondo monetario internazionale. Se i greci non ripagheranno il loro debito verso il Fmi come si farà? Semplice: è il Fondo che deve intervenire per risolvere il problema, non ci sono altre alternative. Tutto, insomma, serve a prendere tempo. Sono in corso elezioni regionali e/o amministrative che dir si voglia in due importanti paesi dell’Europa del Sud: Italia e Spagna, che possono influire sui negoziati in corso sulla questione greca e più in generale sulla politica economica europea in merito alla crescita versus l’austerità.



Ma più che l’Italia, ciò che preoccupa tutta la catena di comando politico-istituzionale europea, sono le elezioni spagnole, dove – caso unico in Europa e forse antesignano di una tendenza generale – si stanno delineando situazioni di pluripartitismo “pactate”, per dirla alla spagnola, ossia che costringeranno sia il Pp che il Psoe a negoziare possibili coalizioni con Podemos e Ciudadanos. Podemos non fa storia: è una questione nota e rinota, è la nuova sinistra che si sta formando sul modello greco in un amalgama tra vecchia sinistra non compromessa con il potere su scala personale e nuovi movimenti. Più interessante il caso di Ciudadanos: un partito catalano non autonomista ma per l’unità della Spagna e antieuropeista ma non antieuro, che si propone come alternativa al Pp, creato e alimentato da una borghesia “illustrada” e che via via da catalano è divenuto nazionale ed è chiaramente il frutto di un disegno dell’establishment spagnolo (le due banche di Bilbao e Santander, il Banco Central, la monarchia, che è sempre l’elemento centrale dell’equilibrio di potere spagnolo, checché se ne dica o si tenti, per via giudiziaria, di disfare…) per sostituire in futuro un partito moderatissimo, il Pp, che chiaramente ha perso la tramontana nella corruzione e nel declino post-Aznar. Quindi si deve prendere tempo. La Spagna è un terreno troppo delicato…

Tutto questo rende fantastico il corso degli eventi. In contemporanea, infatti, si svolgono due riunioni che hanno del surreale. A Riga l’Eurogruppo ha visto una riunione a tre (Merkel, Hollande e Renzi), diretta a trovare una mediazione con Tsipras, che è stato richiamato non all’ordine ma all’attesa dei voleri del Fondo monetario internazionale, come dicevo… Esso dovrebbe risolvere il debito a medio termine di 7 miliardi che pende con varie scadenze sul collo dei greci. Quell’aiuto deve giungere da qualche parte, se si vuole, come si vuole, evitare il default greco. 

E la soluzione l’ha indicata la Merkel, è una soluzione a tre: la Bce (che ha già risposto positivamente annunciando l’acquisto rapido dei titoli di stato greci aiutando le banche locali), il Fmi (che traccheggia, ma sappiamo come Blanchard e la Lagarde la pensano e non si fanno certo impressionare dai tedeschi e quindi aiuteranno senza dubbio i greci) e infine la Commissione europea. Insomma: l’Europa si dilata, diventa un “tira e molla” per bambini…

Il prossimo mese la Grecia deve al Fmi 300 milioni di euro e in quelli successivi ha un complessivo debito verso lo stesso Fondo di 1,5 miliardi. Bene, anzi malissimo…anzi, tutto diventa politico… L’Eurogruppo, nel mentre, vincola un aiuto di 7 miliardi di assistenza finanziaria alla Grecia in cambio delle famose riforme. Tutto si giocherà su che cosa si definiranno “riforme”: insomma, tutto si decide politicamente…

Infatti, mentre nella freddissima Riga si giocava questa messa in scena, nella favolosa Sintra, sull’Atlantico, antica capitale portoghese del lusso e della raffinatezza, dove la famiglia reale sino a Pedro I passava i mesi estivi per l’eccezionale clima, e ancora oggi affascinantissima, si svolgeva un’inutile riunione indetta dalla Bce con i banchieri centrali di tutto il mondo e qualche fidato professore di economia avviticchiato al sistema finanziario mondiale.

Qui è accaduta un cosa straordinaria che pochi in verità hanno raccontato. Stanley Fischer, Vice Governatore della Fed e grande mentore da sempre, da quando era Governatore della Banca Centrale Israeliana, del nostro Mario Draghi, ha bacchettato severamente quest’ultimo sollevando il più che legittimo dubbio se sia nei poteri e nel galateo della finanza mondiale il fatto che un personaggio così importante, il quale dovrebbe far sfoggio di indipendenza, come il Governatore della Bce, continuamente alzi i toni tra il minaccioso e il suadente sollevando il problema tutto politico delle riforme politico-economiche nelle nazioni dell’Unione. Una riprova, a mio avviso, che i rapporti tra Usa ed Europa e anche con il fidatissimo Draghi si stanno veramente incattivendo. Del resto si è trattato di un rimprovero che a molti è apparso più che legittimo quando a Sintra l’esigenza delle riforme è ritornata più di settanta volte nel testo di un discorso di non molti minuti e di non molte pagine. 

Insomma, l’avvisaglia di Fischer è anch’essa un messaggio che non ha caso ha ripreso Larry Summers nel corso dello stesso incontro di Sintra, quando ha stupito tutta la stampa spagnola e portoghese sostenendo che la crescita in quei paesi era ben lontana e che gli indicatori sbandierati diffondevano illusioni. Tutta la politica europea, per il noto economista, è profondamente sbagliata e non fa che accelerare la stagnazione secolare deflattiva in cui siamo immersi. È come dire a Draghi: non girare il coltello nella piaga, sappiamo tutti che l’ora della verità è giunta…

Insomma: dei bei quadretti alla Titanic che nessuno vede e su cui nessuno riflette. Dinanzi a questi iceberg che appaiono sul nostro cammino europeo forse occorrerebbe aprire una discussione pubblica in Italia e in tutta Europa. È urgente e sempre più necessario, ma nessuno sembra accorgersene.