“Qualsiasi misura di deroga in materia di Iva può essere legittimamente applicata in uno Stato membro solo previa adozione all’unanimità della proposta della Commissione da parte del Consiglio”. È questa la risposta data il mese scorso dal Commissario europeo agli Affari economici, Pierre Moscovici, all’interrogazione parlamentare presentata in merito alla applicazione del meccanismo dello “Split payment”, introdotto in Italia con la Legge di stabilita 2015. La risposta, quasi passata sotto traccia, assume invece una importanza notevole, posto che l’eventuale mancata autorizzazione ai nuovi regimi Iva introdotti con la Legge di stabilità 2015 non sarebbe indolore per il contribuente italiano. 



La questione in esame, come noto, è riferita alla adozione nel nostro Paese di un meccanismo di applicazione dell’Iva “in deroga” – ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE – alla normativa comunitaria in tema di Imposta sul valore aggiunto e riguardante, in particolare, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli enti pubblici (split payment), nonché le cessioni di beni effettuate nei confronti degli ipermercati, supermercati e discount alimentari (reverse charge).



In estrema sintesi, la norma prevede che, nei casi di cui sopra, l’Iva addebitata sulle fatture sia versata non dal cedente o prestatore del servizio, bensì dal relativo cessionario o fruitore del servizio. Tale possibilità, proprio perché non ordinariamente prevista dalla normativa comunitaria, necessita della relativa autorizzazione da parte degli organismi sovranazionali.

La stessa Legge di stabilità ha previsto che nelle more del rilascio di detta deroga abbiano comunque efficacia già dal 1 gennaio 2015 le disposizioni relative allo split payment, subordinando invece l’entrata in vigore di quelle relative alla cessioni nei confronti della grande distribuzione, all’acquisizione di detta autorizzazione.



È subito da rilevare come la scelta del legislatore di agire “in deroga” alla normativa comunitaria senza la “previa” autorizzazione del Consiglio europeo si pone in via di principio in contrasto con la procedura prevista dal citato articolo 395, articolata invece su un percorso “autorizzativo” e non “ratificativo” . E, infatti, una volta che la Commissione dispone di tutti i dati che ritiene necessari per la valutazione, ne informa lo Stato membro richiedente e trasmette la domanda agli altri Stati membri. Entro i tre mesi successivi la Commissione presenta al Consiglio una proposta appropriata ovvero, qualora la domanda di deroga susciti obiezioni, provvede a esporre le medesime. La procedura di richiesta di deroga si conclude comunque entro un termine massimo di otto mesi dal ricevimento della domanda di autorizzazione.

È da sottolineare che la domanda risulta presentata alla Commissione competente il 24 novembre 2014 e, pertanto, in linea teorica, l’autorizzazione potrebbe giungere anche successivamente al 30 giugno, data in cui invece è previsto che, in caso di mancato rilascio delle suddetta deroga, con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, vengono aumentate le aliquote dell’accisa su benzina e gasoli, per un ammontare complessivo non inferiore a 1.716 milioni di euro.

Il rischio che le “ragioni di Stato” non trovino consenso a Bruxelles risulta ulteriormente rafforzato dalla decisa presa di posizione delle diverse associazioni imprenditoriali che da tempo denunciano come l’operazione posta in campo dall’Amministrazione rischia di drenare liquidità alle imprese e si pone anche in contrasto con la normativa europea sui ritardi nei pagamenti.

In conclusione, con l’avvicinarsi della scadenza del 30 giugno, è concreto il rischio che a fronte della enunciata emersione di un potenziale “tesoretto” contabile tra le pieghe del Bilancio dello Stato per circa 1,6 miliardi, si appalesi invero l’esigenza di applicare una delle diverse clausole di salvaguardia, introdotte nella Legge di stabilità, con la richiesta di un rincaro degli oneri fiscali su benzina e gasolio per circa 1,7 miliardi di euro.