Non è certo da una posizione di forza che Tsipras discuterà con Frau Merkel e Monsieur Hollande. Se fa una radiografia dei mugugni e delle critiche dei suoi compagni di governo e di partito non si sente per niente sicuro per il “giorno dopo”. Se non vuole la rottura deve firmare un accordo che sarà “doloroso” sia per le tasche dei greci, sia per il suo governo che dovrà portarlo in Parlamento per l’approvazione. Oggi, stando alle dichiarazioni di numerosi compagni parlamentari, la maggioranza non c’è. A oggi, è comunque possibile che molti di loro sappiano assumersi la responsabilità, soffocando i loro infantili desideri ideologici. 



Prima ancora, in base alla politica mediatica e lessicale del governo, dovrà definire l’accordo. Un “patto per lo sviluppo”? O un nuovo Memorandum? Il vice presidente del Parlamento, il “syrizeo” Alexis Mitropoulos, non ha dubbi: “Dobbiamo dire al nostro popolo che applicheremo il Memorandum”. E aggiunge: “Le scelte che ci hanno presentato con la firma del documento del 20 febbraio erano o accordo o rottura. Di conseguenza, qualunque tipo di accordo che verrà raggiunto, il governo dovrà adottare dolorose misure. Misure che mai nella sua storia la sinistra ha applicato”. 



Quanti suoi colleghi sono in sintonia con lui non è dato sapere. Di certo si stanno facendo i calcoli di quanti parlamentari di Syriza potrebbero votare “no” o astenersi. L’ultimo campanello di allarme per il primo ministro Tsipras è stata la lettera scritta da 22 compagni che lo hanno invitato a presentare in Parlamento un disegno legge che modifica la legislazione dei rapporti di lavoro, e altre riforme che vanno contro i diktat dei creditori. Ventidue parlamentari che fanno parte di correnti interne diverse hanno preoccupato il primo ministro. 

Centosessantadue (l’attuale maggioranza: 149 Syriza e 13 Greci Indipendenti), meno ventidue, meno una trentina che fanno riferimento alla “Piattaforma di sinistra”, il risultato è chiaro: Tsipras dovrà chiedere i voti all’opposizione, la quale si è dichiarata disposta a dare il suo voto favorevole. E così si ritroverebbe ad avere una maggioranza parlamentare che sostiene un governo messo in minoranza. E superato questo scoglio, alcuni ministri iper-radicali applicheranno le nuove misure di austerità?  Lafazanis sarà disposto a vendere una quota della società di energia elettrica? 



Lo stesso borbottio, Tsipras lo ha sentito nel corso della riunione della segreteria politica di Syriza di due giorni fa. Firmato l’accordo a  Bruxelles, le difficoltà non finiranno. Nessuno, oggi, vuole pensare al “giorno dopo”, quando decine di compagni chiederanno a Tsipras il “conto”. Allora sapremo se il giovane primo ministro ha la capacità politica di controllare il suo partito-nonpartito.