Cè un insospettata dose di machiavellismo nella gestione diretta dell’ennesimo extra time della crisi greca da parte del cancelliere tedesco Angela Merkel. Che, nella serata di ieri, era accreditata di un successo inatteso: proprio quando il presidente americano Barack Obama, fresco ospite del G7 in Baviera, ha incassato invece un alt non preventivato dal Congresso Usa sull’ambizioso progetto Trans-Pacific-Partnership, il “mercato comune” fra Usa, Giappone e altri dieci paesi che si affacciano sul Pacifico. E questo proprio quando il tendenziale rafforzamento dello yen sul dollaro è uno dei grandi temi correnti di mercato.
C’è comunque soprattutto politica – e relativamente poca economia e finanza – nel maneggio dell’aide memorandum che il premier tedesco ha predisposto une decina di giorni fa in prima persona nel suo ufficio a Berlino: tenendo ostentatamente a distanza il “falco” Wolfgang Schauble, ministro delle Finanze; e invece ostentamente agganciato il direttore generale francese (europeo) dell’Fmi, Christine Lagarde, assieme al suo presidente Francois Hollande; e coinvolgendo anche il presidente della Bce, Mario Draghi: dandogli un ruolo, ma nondimeno impegnandolo. In questo game ha portato – in quella che potrebbe rivelarsi la giornata decisiva – i media a riferire inizialmente che il default di Atene era entrato formalmente nell’agenda dell’eurozona; poi ha spinto il leader greco Alexis Tsipras ad annunciare in serata che “l’accordo è a portata di mano”. Un accordo pieno di contenuti per il severo Bundestag e per il suo elettorato tedesco: target di surplus primario per la Grecia, conferma della riforma del mercato del lavoro e del sistema pensionistico, aumenti della tassazione indiretta. In cambio la Grecia otterrà – sulla carta – un’estensione degli aiuti, rinviando al 2016 i negoziati per un terzo salvataggio.
Ma fosse stato per Schauble – che peraltro era vincolato alla sua parte – Atene forse sarebbe rimasta sull’orlo del baratro, tenendovi virtualmente tutta l’eurozona. E’ stata Merkel a portare Tsipras alla consapevolezza che il memorandum “personale” della cancelleria era la “linea rossa”. E ora la cancelleria “di grande coalizione” ha nuove e reali chance di emergere come come coraggiosa salvatrice dell’ euro, dopo che il suo ministro ha dettato tutte le condizioni “non negoziabili”. E al termine di un match dai contorni angtichi (Germania e Balcani hanno sempre confinato nel vasto diaframma slavo, eterno terreno di tratttaiva) lo stesso premier greco può dire salva la sua faccia. Perfino con qualche carta in mano per un rimpasto politico che de-radicalizzi la maggioranza ad Atene. Una svolta che sarebbe ineccepibilmente “merkeliana”.