«I prestiti alla Grecia sono stati fatti esclusivamente nell’interesse della nazione che guidava il Fmi, attraverso prima Dominique Strauss-Kahn e poi Christine Lagarde, cioè la Francia. È stata una scelta criminale perché era evidente non solo che Atene non avrebbe potuto restituire quei soldi, ma anche che non sarebbero serviti a sbloccare la situazione». È il commento del professor Claudio Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega nord. Il Fondo monetario internazionale ha deciso di ritirare i suoi negoziatori da Bruxelles dove sono in corso le trattative con il premier greco, Alexis Tsipras. Gerry Rice, portavoce del Fmi, ha commentato: “Siamo ben lontani da un accordo. Ci sono importanti differenze in aree chiave e non ci sono stati progressi nel ridurle”.
Quali sono i rischi di un fallimento delle trattative sul debito greco?
Dopo il rientro totale dei crediti da parte delle banche francesi e tedesche, la crisi greca è considerata con molta più sufficienza da parte di Francia e Germania. Quello cui stiamo assistendo è un atteggiamento di sufficienza simile a quelli che portò al fallimento della Lehman Brothers. Bruxelles è convinta del fatto che la Grecia rappresenti un caso unico, e nel momento in cui Atene dovesse saltare o uscire dall’euro non sarebbe l’inizio di un domino europeo.
Il declassamento della Grecia da parte di Standard & Poor’s è un modo di fare pressione sul governo greco?
Da un lato sì, anche se dall’altro è un prendere atto della situazione. Più che dare consigli per il futuro, le società di rating prendono atto di situazioni che si sono già verificate. Nel caso della Grecia è evidente che la situazione si è ulteriormente deteriorata e che c’è un chiaro rischio di un secondo fallimento.
Qual è la reale situazione del Paese?
La situazione di Atene è simile a quella di un soggetto cui sono stati prestati un sacco di soldi, che li ha finiti e che ne chiede altri. L’alternativa è tra prestargliene altri, con il rischio che a breve si torni al punto di prima, o rinunciare alla restituzione ma evitare almeno di subire altre perdite. Il punto è che fin dall’inizio prestare questi soldi alla Grecia è stata una decisione criminale, in quanto si sapeva benissimo che non avrebbe risolto nulla, e il tutto per di più con un dibattito molto carente.
Il Fmi intanto ha lasciato il tavolo. Chi è più intransigente verso la Grecia, le istituzioni Ue o il Fondo Monetario?
Non ci vuole molto per capire che in realtà quei prestiti sono stati fatti nell’interesse della nazione che guidava il Fmi, attraverso prima Dominique Strauss-Kahn e poi Christine Lagarde, cioè la Francia. Ora il Fondo Monetario fa la faccia dura per cercare di mondare quel peccato originale. L’errore però resta e io sono convinto che ci saranno degli strascichi.
Quali strascichi?
I Paesi che erogano il loro denaro al Fmi potrebbero andare dai vertici e dire: “Su quali basi avete scelto di prestare dei soldi alla Grecia?”. Il primo pensiero che sorge è che ci fossero dei conflitti d’interesse, e questi ultimi risultano in modo chiaro ed evidente. Il maggior creditore della Grecia era infatti la Francia. Così come Francia e Germania hanno messo i loro crediti “in condominio” attraverso il Fondo salva-Stati, lo stesso è avvenuto con i soldi del Fmi che sono stati prestati alla Grecia a condizioni e in momenti sbagliati.
Che cosa accadrà?
Ora si sta facendo concreto il rischio di un default, o quantomeno di una mancata restituzione dei debiti da parte della Grecia. E di conseguenza si sta facendo francamente imbarazzante per le autorità francesi spiegare le motivazioni per cui il Fmi ha prestato dei soldi quando la prudenza lo sconsigliava. I vertici del Fmi sanno benissimo di essere nel torto, e quindi tutta questa apparenza di severità è un goffo tentativo per recuperare credibilità. Nel momento stesso in cui le perdite da potenziali diventeranno reali, saranno richieste delle spiegazioni e per la Francia dare risposte potrebbe diventare molto difficile.
(Pietro Vernizzi)