Un nuovo vertice d’urgenza convocato per lunedì sembra essere l’ultima possibilità per trovare un accordo tra Grecia, Ue, Bce e Fmi. Le dichiarazioni di ottimismo si alternano con quelle che sembrano tenere distanti le parti, ciascuna ferma sulle sue posizioni. Dunque non sarà facile arrivare a un esito positivo, ma Tobias Bayer, giornalista del Die Welt, si dice ottimista: «Si troverà un accordo. Ovviamente, all’ultimo momento».



Come giudica l’atteggiamento del Fondo monetario internazionale: prima sembrava più “flessibile”, oggi più “rigido” verso Atene. È successo qualcosa?

Dal punto di vista del governo tedesco, il Fondo monetario internazionale è garante del fatto che la Grecia prosegua il percorso delle riforme. In Germania, il Fmi è ben visto perché ha tanta esperienza e gode di ampia credibilità. Non mi pare che il Fmi abbia cambiato atteggiamento. Leggo i commenti da Washington come un appello alla Grecia e ai creditori. Un esempio è quanto ha scritto il capo economista del Fmi, Olivier Blanchard, sul suo blog, dove ha specificato che un accordo richiede “decisioni difficili” da entrambe le parti e ha chiesto che i creditori stanzino finanziamenti in più per la Grecia, fino a una moratoria sul debito pubblico: è un boccone amaro per tanti politici e cittadini tedeschi.



Un intervento più deciso sulla Grecia nel 2010 sarebbe costato meno dei successivi interventi e non ci avrebbero portato a questa situazione. Non era meglio lasciar fallire la Grecia 5 anni fa? A questo punto ha senso non aiutare più Atene?

Sì, un intervento più decisivo nel 2010 ci sarebbe costato di meno. Però, un fallimento della Grecia 5 anni fa sarebbe stato davvero un rischio per l’Eurozona. Adesso, con l’Esm, l’Unione bancaria e il Quantitative easing della Bce ci siamo ben attrezzati. Ha senso non aiutare più la Grecia? Adesso faccio io una domanda: ha senso stanziare aiuti senza riformare la Grecia? Rimango convinto che la Grecia soffre di istituzioni deboli, di un’economia non competitiva e di uno Stato sovradimensionato.



Qualcuno dice che i benefici maggiori del salvataggio del 2010 sono stati per la Francia. Cosa ne pensa?

Mi ricordo che alcune banche francesi avevano un’esposizione notevole sulla Grecia. Tuttavia, non mi piace il ragionamento per cui i francesi hanno ottenuto il beneficio maggiore. Tutti i paesi, Germania inclusa, hanno approfittato del salvataggio della Grecia.

Si dice che un Grexit non avrebbe un impatto molto forte. È davvero così?

Dal mio punto di vista, un Grexit non pone un rischio economico per l’Eurozona, quanto un rischio politico. Sarebbe un po’ come il famoso vaso di Pandora. Oggi, infatti, si può entrare nell’Eurozona, ma non uscirne. Nel caso di Grexit questo principio non sarebbe più valido. È molto probabile che tutti gli euroscettici comincerebbero a urlare contro la moneta unica. L’Italia è un Paese fertile per un ragionamento del genere. Partiti come la Lega Nord o il Movimento Cinque Stelle parlano di una “Europa delle banche”: il Grexit sarebbe perfetto per portare avanti la loro campagna.

L’Italia corre dei rischi da quello che sta accadendo sulla Grecia?

La risposta secca è no. Le grandi banche sono solide, la fiducia degli investitori internazionali c’è. Certo, anche l’Italia è creditore della Grecia. Un fallimento significherebbe una perdita per lo Stato italiano. Un colpo doloroso, ma non pericoloso.

 

Si sa che in Europa il ruolo di “leader” è di Angela Merkel. Qual è la sua vera posizione sulla Grecia?

All’estero, Angela Merkel viene spesso descritta come una nuova Margaret Thatcher, una “Lady di ferro”. In verità, è molto più pragmatica della Thatcher. Tiene le carte coperte, esita, osserva e alle fine decide. La sua posizione sulla Grecia mi pare abbastanza flessibile. Nel 2010 disse: “Se fallisce l’euro, fallisce l’Europa”. Oggi non ripete più questa frase, ma constata: “La Germania s’impegna a tenere la Grecia nell’Eurozona”. Che tradotto vuol dire: la Germania vuole che la Grecia rimanga. Ma non a tutti i costi.

 

(Lorenzo Torrisi)