Fino all’inizio dello scorso mese di maggio, la Bce aveva acquistato all’interno del suo programma di Qe soltanto 47 miliardi di bond governativi dell’eurozona (esclusi quelli greci), ma a un certo punto, come ricorderete, due vecchie volpi della speculazione come Gross e Gundlach definirono andare al ribasso sul Bund «lo short della vita». Detto fatto, il rendimento del decennale tedesco è passato da 0,1% a circa 0,8%, stabilizzandosi poi attorno allo 0,6% attuale. Cos’era successo? Semplice, il membro del board della Bce, Benoit Coeure, il 18 maggio rese noto come, a causa della scarsa liquidità presente nei mesi estivi, l’Eurotower avrebbe implementato i propri acquisti di bond nei mesi di maggio e giugno. Ma prima di renderlo noto al mondo, lo disse in camera caritatis a un selezionato gruppo di gestori di hedge funds riuniti a porte chiuse: risultato, il Bund si è stabilizzato e l’euro/dollaro si è mosso sensibilmente al ribasso in favore della moneta unica Ue. Insomma, apparentemente un successo, perché ci si è garantiti ancora spazio di operatività e si è schiantato sul nascere un attacco speculativo (un po’ farlocco, a dire il vero). 



L’altro giorno, però, la Bce ha reso noti i dati ufficiali relativi agli acquisti del mese di maggio, come ci mostra il primo grafico a fondo pagina. Bene, nel mese appena trascorso gli acquisti sono cresciuti dell’8% a oltre 51 miliardi di controvalore rispetto alla media precedente di 47 miliardi: a guidare l’aumento i titoli tedeschi (+8,9%), quelli francesi (+10%), quelli italiani (+7,4%) e quelli spagnoli (+8%). Ma come ci mostra il secondo grafico e come appare ovvio per le dinamiche che vi ho già spiegato, l’aumento degli acquisti rispetto alla linea di trend è coinciso anche con l’abbassamento della maturity media delle securities acquistate, visto che la scadenza media (sempre ricordando che i bond greci non sono acquistati) è scesa a 8,07 anni dagli 8,25 anni di aprile e dagli 8,56 anni di marzo.



Insomma, come vi ho già detto e dimostrato recentemente, la Bce è andata all-in perché maggio è il mese dell’anno con il tasso più alto di emissioni nette, mentre giugno sarà abbastanza misto e luglio sarà decisamente orribile, con il tasso netto di emissioni che sarà il più negativo nella storia recente europea. Insomma, si compra tutto quando c’è, anche abbassando la maturity della carta che si acquista. 

Ora però mi sovvengono due dubbi. Primo, cosa dobbiamo attenderci sul mercato nei mesi di luglio e agosto? Quando i volumi saranno bassi e le emissioni negative, non si creerà forse il binomio perfetto per un attacco speculativo? Secondo, il nostro spread sul decennale è a quota 145 punti base, si flirta con area 2% di rendimento e tutti scaricano la responsabilità di questo aumento sulle nuove tensioni legate alla Grecia, la quale ieri ha fatto sapere che venerdì ripagherà il debito verso il Fmi soltanto se sarà raggiunto l’accordo con i creditori internazionali, un qualcosa di pressoché impossibile a meno che questi ultimi non calino del tutto le proverbiali braghe. Vi invito però a ragionare su un fatto: nel solo mese di maggio, quello che ha visto di nuovo impennarsi relativamente lo spread, la Bce ha comprato nostri titoli per un controvalore del 7,4% superiore al precedente, di fatto comprimendo il nostro differenziale verso il Bund. Eppure lo spread è salito, quindi vuol dire che qualcuno ha venduto e parecchio e che gli acquisti pro-quota dell’Eurotower non sono stati sufficienti a tamponare la situazione, la quale era divenuta molto tranquilla tra marzo e aprile, arrivando anche sotto quota 100. 



Chi sta vendendo e quanto? Oltretutto proprio ieri Eurostat ha confermato che in maggio i prezzi nell’eurozona sono saliti su base annuale dello 0,3% contro le attese dello 0,2%, “grazie” all’aumento del costo degli alimentari e alla sparizione progressiva del risparmio sulla bolletta energetica grazie al calo del prezzo del petrolio: insomma, dopo cinque mesi di stagnazione, sale l’inflazione e questo, psicologicamente, potrebbe portare molti fondi a vedere un primo effetto concreto del Qe e, quindi, a ragionare sul fatto che non sia il caso di alleggerire ulteriormente il portafoglio obbligazionario esposto sui paesi periferici dell’Ue, andando front-running all’Eurotower. 

Inoltre, io temo che l’instabilità di governo che queste elezioni regionali hanno innescato potrebbe davvero rappresentare un rischio per il Paese (forse strumentale da parte di certi poteri forti per rendere il governo Renzi intoccabile sul profilo emergenziale, come fu quello di Monti), visto che la quota psicologica per un attacco in pieno stile è attorno a 250 punti base (ovvero la barriera del 3% di rendimento sul decennale) e che a oggi non sono gli acquisti della Bce ha tutelarci, bensì le clausole di salvaguardia poste dal governo sulla sua manovra finanziaria, ovvero in caso di deficit aumentano tasse e accise, non ultima l’Iva. Quella è la nostra unica polizza di assicurazione sui mercati e verso la Commisione Ue, nient’altro. 

E attenzione, perché all’orizzonte vedo una pericolosa dinamica che nel 2013 è stata disinnescata soltanto dall’intervento della Bce, ma che ora potrebbe tornare alla ribalta e con forza maggiore rispetto alle difese che l’Eurotower può mettere in campo, essendo già impegnata quasi all-in nel programma di Qe: eccola, ce la mostra il grafico a fondo pagina e penso che la ricorderete. Ci mostra, attraverso l’elaborazione di Diapason su dati Bloomberg, la comparazione tra crescita delle sofferenze bancarie italiane (linea nera) e spread tra Btp e Bund tedeschi (linea rossa), ultimamente molto basso e totalmente assente da scossoni, come accadde nel 2013. E proprio come due anni fa, negli ultimi giorni invece sia il nostro spread che quello portoghese e spagnolo, i cosiddetti “periferici”, hanno conosciuto aumenti nell’ordine di una decine di punti base e il trend sembra proseguire. 

Come mai, tutta colpa la Grecia? O forse gli acquisti giapponesi sono rallentati? La Bce compra meno? O i fondi pensione spagnoli non possono più acquistare perché sono all-in al 100% nel debito del loro Paese? I giapponesi comprano, la Bce compra e i fondi pensione vendono perché questi due soggetti sono onnivori in ossequio al loro Qe. Ma qualcun altro sta vendendo, altrimenti non si spiegherebbe la dinamica in atto, al netto dei tremori da contagio del Grexit (il quale non si sostanzia soltanto a cavallo di una scadenza di pagamento, almeno per chi ha investito sul lungo o medio termine). 

Come vedete dal grafico, finora i due andamenti sono stati più o meno regolari, ovvero hanno conosciuto una medesima traiettoria. Poi, da metà del 2012, le traiettorie sono divenute nettamente divergenti: le sofferenze crescevano, lo spread si comprimeva grazie ai soldi della Bce che permettevano alle banche europee di comprare titoli di Stato, alla liquidità nel sistema e alle riserve della Fed per le filiali Usa delle banche europee che facevano lo stesso, alla promessa di Draghi di difendere l’euro a ogni costo, all’operazione di stimolo del Giappone, leva psicologica per portare tutti a comprare qualsiasi cosa, purché garantisse un rendimento e infine al Qe dell’Eurotower partito a marzo di quest’anno. 

 

Bene, senza questo doping a metà del 2013 lo spread italiano non sarebbe stato attorno ai 270 punti base com’era, ma, seguendo quella traiettoria tendenziale quasi sempre rispettata nel tempo, in area 615-620. Voleva dire dire default. Vuol dire che le nostre banche, che a fine marzo di quest’anno (dato Bankitalia) avevano in pancia la cifra record di 417 miliardi di titoli di Stato italiani, rischiano potenzialmente di dover scontare a bilancio perdite di valore di quei bond che possono portare al dimezzamento del prezzo pagato se la dinamica del 2013 tornerà oggi in azione. E sempre su dati di Bankitalia, scopriamo che a marzo il tasso di crescita delle sofferenze sui dodici mesi è risultato pari al 14,9%, rispetto al 15,3% di febbraio (il dato non è corretto per le cartolarizzazioni ma tiene conto delle discontinuità statistiche, specifica Bankitalia). In valore assoluto, i crediti “non-performing” risultavano a fine marzo a 189,519 miliardi di euro dai 187,257 del mese precedente, con un valore di realizzo stimato da Bankitalia a 80,912 miliardi (42,7%), dai precedenti 79,313 miliardi (42,4%). 

Insomma, sofferenze per 190 miliardi e detenzioni obbligazionario sopra i 400 miliardi: capite ora perché proprio Bankitalia sta facendo un pressing senza precedenti sul progetto della bad bank? Attenzione a quella dinamica in atto, è la più importante di tutti. È già tra due giorni, ovvero venerdì, potremmo avere il primo banco di prova, visto che in contemporanea cadranno il pagamento greco al Fmi, il nuovo dato sull’occupazione Usa e la riunione dell’Opec a Vienna per decidere sulla produzione di petrolio. 

Un combinato perfetto da “black Friday”, quindi occhio al nostro spread: abbiamo ancora i prossimi 27 giorni – meno i festivi – di acquisti della Bce garantiti, poi arriverà la moria di emissioni di luglio e agosto e i rischi saliranno. Esponenzialmente. Matteo Renzi farebbe bene a bloccare le ferie a tutti i ministri ed emettere un’ordinanza in base alla quale il Parlamento resta aperto per ferie, con possibilità di richiamare deputati e senatori in ogni momento: sarà un’estate calda. E a palazzo Chigi e in via XX Settembre lo sanno bene.