La ripresa in Italia si sta consolidando. La crescita tendenziale del Pil 2015 sta andando verso l’1%. Da un lato, si tratta più di un rimbalzo dalle condizioni recessive precedenti che di un vero risanamento. Dall’altro, la tendenza è espansiva pur in un scenario di crescita insufficiente. La crescita sufficiente, infatti, sarebbe quella tra il 2,5% del Pil e il 3% per almeno tre anni per poi restare sopra il 2% medio nel lungo termine. Ora è probabile una crescita media sotto il 2% fino al 2020, insufficiente.



Il potenziale di crescita teorico dell’economia italiana a condizioni ottimali di modello, cioè riduzione di circa 100 miliardi di spesa strutturale per tagliare almeno 70 di tasse (lasciando così un margine per servire il debito e pareggiare il bilancio annuo) portando quelle complessive sulle imprese a un massimo del 20% e quelle sulle persone fisiche a una riduzione sostanziale, sarebbe attorno al 5% per tre anni e vicina al 2,5% tendenziale nel lungo periodo. Ma un governo di sinistra nemmeno tenterà un tale cambiamento di modello che penalizzerebbe il proprio elettorato fatto per lo più da dipendenti pubblici che dovrebbero essere ridotti.



Il punto: il caso greco sta accelerando la pressione sull’Italia affinché dimostri la sostenibilità del debito così evitando che il contagio del fallimento di Atene tocchi Roma destabilizzando l’intero eurosistema. Ma il governo si trova nei guai: deve coprire un buco di almeno 20 miliardi, se non di più, per contenere il deficit 2015 entro le soglie promesse. Ora dovrà scegliere tra aumentare le tasse, Iva e patrimoniali, e ridurre la spesa, ma avendo come spazio solo il taglio dei trasferimenti alle Regioni, in particolare la sanità, oppure l’avvio di una riduzione del personale pubblico.



Se alzerà le tasse perché non se la sente di affrontare il dissenso politico di questi tagli, la crescita ne risentirà con il rischio di un ritorno alla recessione che, comunque, renderà il debito inaffidabile per mancanza di crescita sufficiente. In tale scenario è probabile che l’Eurozona, impaurita dal contagio greco, pretenda un controllo più diretto dell’Italia imponendole riforme combinate di rigore (tagli alla spesa) ed efficienza (detassazione) in cambio di eurogaranzie.

Sarebbe più sano che l’Italia avviasse in autonomia tali riforme per puntare a una crescita sufficiente che a sua volta renda affidabile il debito. Ma ci vorrebbe un governo di unità nazionale per farlo. Qualora la politica non lo volesse o non ci riuscisse sarà inevitabile un commissariamento europeo, già nell’aria.

 

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