«Italia e Portogallo sono i principali candidati a un contagio nel caso di un’uscita di Atene dall’euro. Non illudiamoci che basti il Quantitative easing della Bce a salvarci, uno scenario di Grexit va evitato a tutti i costi». A lanciare l’allarme è Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo che la Bce ha deciso di non concedere ulteriore liquidità ad Atene, ieri le banche greche sono rimaste chiuse. Il 5 luglio si terrà un referendum per decidere se accettare o meno le richieste dei creditori. “Le decisione di un referendum è una decisione che spetta solo a un governo, e noi ovviamente ne rispetteremo l’esito”, ha sottolineato il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, il quale ha aggiunto: “L’interruzione del negoziato è avvenuto in modo unilaterale da parte della Grecia e a sorpresa”.
Chi ha da perderci di più dal fallimento delle trattative con la Grecia?
Se non si dovesse trovare una soluzione, sia pure all’ultimo, sarebbe davvero l’inizio della fine. Chi si illudeva che la Grecia sarebbe stata irrilevante dovrebbe guardare alle reazioni dei mercati. Tokyo ieri mattina ha chiuso con un dato negativo secco per ragioni interne, ma anche a causa di Atene. Se un Paese piccolo come la Grecia dovesse uscire dall’euro, l’impatto sulla monete unica è sicuro.
Per Anatole Kaletsky, capo economista di Gavekal Dragonomics, con il Quantitative easing la Bce ha creato un “firewall” contro qualsiasi possibile rischio di contagio. Lei che cosa ne pensa?
Non ci credo. Le politiche di Draghi sono state provvidenziali grazie alla sua capacità tecnica e politica. Ma non credo esistano salvagenti di fronte a una situazione come quella greca.
Perché secondo lei?
Perché non è pensabile che si chieda al governo del Wyoming (lo Stato Usa meno popoloso, Ndr) di uscire dall’area del dollaro. Il dollaro è la moneta americana come l’euro è la moneta europea. Se stiamo seguendo politiche economiche che non sono giuste, cambiamole. Ma non possiamo permetterci di fare uscire la Grecia. In questi mesi di inutili discussioni sul sesso degli angeli, si è prodotta una situazione rispetto a cui è difficile dire quali possano essere le soluzioni.
Gli Usa sono uniti politicamente, l’Europa no. Fino a che punto quello tra Wyoming e Grecia è un paragone che regge?
In effetti l’unità politica è esattamente ciò che manca nell’Ue. Andrebbe bene anche una leadership politica della Merkel, se questa fosse esercitata nell’interesse dell’Europa e non solo della Germania.
Quali possono essere le conseguenze del referendum greco?
Supponiamo che i greci con il referendum dicano sì al piano di austerità proposto dai creditori. La domanda è se questo sarebbe un esito dettato dalla loro autentica adesione alla visione europea o dalla paura. Io sono convinto del fatto che sarebbe dettato più dalla paura, e un’Europa che rimane in piedi solo grazie alla paura non è il futuro che noi tutti auspicheremmo.
E se i greci votassero no al piano
In questo caso si aprirebbe una fase di grande disordine e turbolenza all’interno del Paese, ma nel lungo periodo la Grecia recupererebbe competitività e il turismo ne riceverebbe una spinta gigantesca. Ma il punto vero è che Atene tornasse alla dracma, l’euro incomincerebbe a morire. L’unica soluzione è dunque che la Grecia rimanga nell’Eurozona.
Se così non fosse, quali conseguenze potrebbero esserci per l’Italia?
I prossimi candidati a uscire dall’euro dopo la Grecia sono nell’ordine il Portogallo, l’Italia e la Spagna, in quanto sarebbero coinvolti a loro volta in meccanismi di contagio.
Perché ritiene che i rischi di contagio per l’Italia siano elevati?
Perché l’Italia ha un elevato indebitamento. Inoltre, la crescita c’è, ma non ha ancora quel vigore che sarebbe necessario per rientrare nei parametri Ue sul rapporto debito/Pil. Senza aiuti esterni, il nostro Paese non sarebbe in grado di resistere a ondate di speculazione internazionale.
È già successo in passato che l’Italia avesse problemi di questo tipo…
Oggi la situazione è in parte cambiata, ma dobbiamo evitare il rischio di una lenta disillusione da parte di mercati e dei consumatori nei confronti del futuro dell’economia italiana.
(Pietro Vernizzi)