Non si può non cadere nell’incredulità di fronte ai lavori che sono appena conclusi del G7 a Elmau in Baviera. A poche centinaia di chilometri l’Europa e tutto il Medio Oriente sfidavano la sorte nel corso delle elezioni turche, che sarebbero potute essere fatali se avessero dato ancor più potere a un Erdogan che pare aver completamente perso il senso delle responsabilità internazionali che la Turchia vede cader su di sé, in un plesso geostrategico di nazioni e di scontri statuali inter-islamici. Se al Presidente fossero state affidate ancor più possibilità di trasformare la Costituzione in un suo armamentario di guerra contro tutti, la Turchia avrebbe potuto perdere ogni contatto con un’Europa che, sì l’ha rifiutata per la cecità franco-tedesca anni or sono e ancor oggi, ma che comunque rimane ancora – con l’appartenenza alla Nato e i legami economici soprattutto con la Germania – un orizzonte di riferimento che anche una prospettiva neo-ottomana può continuare a veder presente se non si crolla in un neo bonapartismo neo-islamico e anti-curdo, proprio mentre i curdi sono la più sicura difesa contro il califfato, l’Isis.
Fortunatamente l’esito delle elezioni turche non è stato così catastrofico, ma di lì a pochi passi ci sono l’Ucraina e la Crimea. È vero: Putin ha ampliato proditoriamente la sua sfera d’influenza violando i trattati spinto dall’accerchiamento guidato dagli ex vassalli del Comecon e del Patto di Varsavia. Ma non è il caso, da parte della Nato, di inviare armi in Ucraina contro le minoranze filo-russe e la guerra a-simmetrica alimentata dalla Russia. Ed è ben triste vedere Obama che inneggia alla minoranza tedesca di Chicago mentre beve birra bavarese e invoca immediate e più dure sanzioni contro la Russia, che rimane, lo si voglia o no, uno degli argini più sicuri contro il wahhabismo e il Califfato.
Insomma, il G7 è parso un gioco di tutti contro tutti: Usa e Germania divisi dal diverso atteggiamento verso la Russia; Usa e Germania divisi dal diverso atteggiamento verso le politiche di austerità e dall’atteggiamento nevrotico nei confronti della Grecia, come aveva già ben reso noto il sottosegretario al tesoro Lew pochi giorni or sono e su cui avevamo richiamato l’attenzione in un precedente articolo. Ma in tal modo gli Usa si scontrano non solo un’altra volta, ma da un’altra sponda contro la Germania e questa volta in compagnia degli stati ex-sovietici, con cui condividono le politiche contro la Russia, così come avevano fatto anni or sono collocando i missili in Polonia sostenendo che erano rivolti verso l’Iran, suscitando ilarità e preoccupazione in tutte le cancellerie.
La Cina non ha partecipato al G7, proprio mentre la sua influenza sulla scena mondiale diventa un’asimmetria che divide il cuore del capitalismo e della cultura anglosassone con la creazione a Londra della Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture dalla Cina voluta e a cui il Regno Unito ha partecipato attivamente conto la volontà degli Usa. Insomma, è un mondo a frattali con una crescente divaricazione asimmetrica a geometria variabile con un disordine incredibile e un pericolo di conflitti crescente.
Sottolineo solo un punto. Si può andare avanti senza la Cina e la Russia mentre l’Arabia Saudita, nel grande gioco dell’inferno nordafricano, vede la presenza di più di 40.000 soldati pakistani sul suo territorio? La Cina, con il Pakistan, così come la Russia, ha un rapporto importante che potrebbe essere nel gioco mondiale se non si cambiasse il rapporto Russia-Europa, come un terreno per mettere in gioco un nuova guerra fredda sotto la spinta degli stati ex sovietici ovvero a dominazione sovietica.
C’è da chiedersi se convocare i G7 non stia diventando un pericolo per l’ordine mondiale. Forse è meglio rinunciarvi.