«L’Ue è stata costruita per costringere i Paesi europei a usare le parole anziché i cannoni. Quando però si rimane muti perché le parole non sono ascoltate da una parte e dall’altra, ritornano i cannoni soprattutto nei momenti di difficoltà. Non a caso la Seconda guerra mondiale è avvenuta alla fine di un periodo di gravissima recessione economica». È l’analisi di Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma. In attesa del vertice di domenica 12 luglio, la Grecia sta preparando un piano per una riforma di Iva e pensioni da 12 miliardi in cambio di prestiti da parte del Fondo salva-Stati Esm. Resta però ancora irrisolto il nodo del debito, in quanto Tsipras continua a chiedere un taglio (il cosiddetto “haircut”). Intanto il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha sottolineato che “non siamo nel 2012, cioè nel momento più acuto della crisi dell’euro. Oggi l’Italia è più forte e più resistente perché orna a crescere”.
Professore, il piano di Atene può funzionare?
La Grecia ha rafforzato la sua posizione negoziale con il referendum. Bisogna capire se ciò sarà però sufficiente per superare le rigidità europee. Qualora non fosse necessario, o Tsipras si arrende o l’uscita della Grecia dall’euro diventa inevitabile. Se invece al leader di Syriza riuscisse di “chiamare bene il bluff”, bisognerà capire quanto sarà disposta a cedere l’Europa. Se dovesse concedere solo degli spiccioli, la Grecia otterrà ossigeno per sei mesi-un anno ma questo non basterà. Nel caso di un piccolo “obolo” europeo in più in cambio dell’aumento dell’Iva e di qualche altra riforma, tra un anno ci ritroveremo allo stesso punto di prima.
Quanto pesa la questione irrisolta del taglio del debito?
Sul taglio del debito c’è una resistenza culturale molto forte, perché di fatto è un trasferimento di risorse da alcuni Paesi ad altri. Mentre ritengo molto più fattibile tornare a parlare di combattere l’austerità.
Lei che cosa si aspetta dal vertice di domenica?
Stiamo giocando con il fuoco in una polveriera. Ormai le posizioni sono tali che basta un minimo passo a destra o a sinistra e salta tutto. Siamo veramente in una condizione di rischio mostruoso.
Di chi è la responsabilità?
A compiere un errore fenomenale sono stati i Paesi del Nord. A lasciarmi basito è la miopia dei leader, che non risolvendo la questione subito l’hanno fatta diventare un punto centrale di attenzione degli elettori.
Gli Usa stanno cercando di mediare, ma in fondo non si tratta di un’ingerenza?
Provate a spiegare a un americano che 11 milioni di abitanti, cioè una grande città, possono mettere in ginocchio gli Stati Uniti. Eppure è quello che sta avvenendo nell’Ue con la Grecia. È questo che a Washington risulta incomprensibile.
Come valuta il ruolo di Renzi nella vicenda greca?
Da parte di Renzi c’è stata una carenza di leadership terrificante. Non si era mai visto un governo italiano così incapace di giocare la sua parte. Da De Gasperi in poi il nostro Paese ha sempre avuto una grande capacità di fungere da mediatore. Oggi invece abbiamo un governo che sta facendo tutt’altro, schierandosi in toto con la Germania.
Che cosa avverrà a questo punto?
La situazione del ventunesimo secolo assomiglierà molto di più all’Europa precedente all’Unione. Non è più questione di economia, qui ormai è tutta politica. È una realtà molto grave che non si gioca più sul filo di un miliardo in più o in meno, bensì sarà decisa dall’umiltà e dall’intelligenza dei nostri leader. Se vogliono restare rigidi salterà tutto, se si dimostreranno sufficientemente flessibili salveranno tutto.
Lei prima ha parlato di “rischio mostruoso”. A che cosa si riferisce?
Non c’è dubbio sul fatto che rischiamo la guerra, anche se non domani ma magari tra venti anni. Le giovani generazioni non hanno mai capito quanto ha lavorato chi le ha precedute per pacificare l’Europa.
Se escludiamo il caso dell’Ucraina, oggi un’Europa pacifica sembra un fatto assodato…
Eppure gli istinti primitivi nutriti da secoli di stereotipi e differenze culturali e religiose possono riaffiorare in ogni momento perché sono ancora vivi. Per questo bisogna sempre vigilare. Abbiamo il dovere di ricordare che l’Europa ha culture molto simili ma anche profondamente diverse, e che i momenti di difficoltà sono sempre stati risolti con la violenza e la sopraffazione.
È un passato lontano. Lei ritiene che possa ritornare?
L’Ue è stata costruita per costringere i Paesi a usare le parole anziché i cannoni. Quando però si rimane muti perché le parole non sono ascoltate da una parte e dall’altra, per risolvere i problemi soprattutto nei momenti di difficoltà ritornano i cannoni. Non a caso la Seconda guerra mondiale è avvenuta alla fine di un periodo di gravissima recessione economica.
Allora però c’erano Hitler, Stalin e Mussolini…
Gli stereotipi dei tedeschi sui greci e viceversa documentano che il potenziale per una guerra c’è ancora tutto. L’unico strumento per disarmare entrambe le parti è la solidarietà nei confronti di chi sta male, che un giorno può essere la Grecia e un alto la Germania. Fino a 10-15 anni fa la Germania era in crisi, tanto che chiese che le regole fossero messe da parte e l’Europa in maniera solidale disse sì.
Lei evoca il 1939. Ma per Padoan è lontano persino lo stesso 2012…
Sono stanco dei pompieri con il secchiello. Le energie devono essere dedicate a spegnere un incendio, non un fuocherello. Andare in giro con il secchiello non è più accettabile. La gente non vuole sentire più parole vuote di fronte a problemi immensi. Tutte le famiglie italiane sono profondamente turbate e angosciate, e non prestano più ascolto a politici che parlano come Padoan.
(Pietro Vernizzi)