Ve lo giuro, non c’entro. Quando venni al mondo l’Economia dei consumi già aveva iniziato a mettere sotto stress le condizioni per fare la crescita, cambiando le carte in tavola. Prima, per massimizzare l’impiego dei fattori produttivi, quel che veniva prodotto doveva essere interamente consumato. “Costei” ratificò il precetto, non paga lo portò all’estremo.



Già, quando l’impresa cominciò a produrre troppo remunerando poco, l’offerta superò la domanda. Questa, più impoverita che indispettita, si fece renitente alla spesa. Prese i consumatori, li ficcò d’imperio tra quei fattori produttivi. Il costo, per garantirne l’esercizio, fu un altissimo debito, i ricavi ancor più alti. Così gli abitanti di ampie porzioni del mondo si incamminarono, per la prima volta, oltre il bisogno. Arrivati in quell’Eden, vollero restarci.



Dovevano restarci perché non esistono pasti gratis, e se la crescita si fa con la spesa, occorre intascarne i proventi per rifare altra spesa. Un meccanismo perfetto, ancorché perfido: ricchi per forza, magari a debito, per non impoverire. Già, e qui arriviamo a bomba. Ai greci insomma: “Hanno speso sopra le loro possibilità”. Austerità, austerità per quei prodighi là!

Portati a giudizio da chi predica parsimonia a chi fa debito pur di fare la spesa e chi inveisce contro la spesa in eccesso. Un mix di moralismo, etica da salotto e tanta ipocrisia li condanna. Orbene, spero lo sappiano quei giudici, come la temperanza in economia venga considerata “peccato”.



Oh beh, lo sapevano eccome quando esportavano armi e bagagli e ancora: moda, auto, champagne. Tutto insomma quel che avevano da vendere a chi, producendo poco o nulla, acquistava proprio quel “disdicevole” sovrappiù di merci altrui. Sanno pure che, se invendute e reimportate, quelle merci si svalutano, svalutando la loro crescita.

Quella crescita che offre occasione irripetibile per ridurre il debito nel quale sono incastrati tutti, pure i giudici. Buona pure per creare quell’occupazione che a tutti manca e magari anche per poter garantire quel welfare, pubblico o privato che si voglia.

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