“Quello firmato da Tsipras è un accordo pessimo sotto tutti i punti di vista. La Grecia esce sbriciolata dall’impreparazione dei suoi politici, mentre l’unica posizione responsabile e realistica era quella di Schauble che chiedeva un’uscita concordata di Atene dall’euro”. Lo evidenzia Alberto Bagnai, professore di Politica economica all’Università G. D’Annunzio di Pescara, a proposito dell’accordo raggiunto con i creditori dopo 17 ore di negoziato. Un risultato a proposito del quale il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha commentato: “Non credo sia un accordo umiliante per i greci, e non credo che altri europei perderanno la faccia”.



Professore, perché definisce questo accordo come “pessimo”?

In primo luogo perché prevede che si continui ad applicare alla Grecia la stessa medicina che finora ha fallito. Inoltre l’accordo dimostra una totale incapacità della leadership greca nel gestire la situazione. Tsipras si è fatto eleggere per combattere l’austerità, e alla fine si trova ad accettare un programma di austerità ancora più grave. A ciò si aggiunge l’Fmi che si installa ad Atene per sindacare sugli atti del governo e la creazione di un fondo da 50 miliardi di asset pubblici greci destinati a essere svenduti.



Questo accordo risolve quantomeno i problemi più urgenti?

No. E’ un accordo che non risolve i problemi e sconfigge politicamente una forza impreparata come Syriza, spianando di fatto la strada ad Alba Dorata. L’accordo è pessimo anche per l’Italia, perché dà fiato a quanti sostengono che l’euro sia inevitabile, tanto è vero che anche i greci vogliono tenerselo. Alla fine la Grecia uscirà dall’euro, ma dopo altre sofferenze e protraendo la stagnazione dell’economia che i governanti europei attribuiscono a cause del tutto imprecisate.

Sarebbe stato meglio se la Grecia fosse uscita dall’euro, magari solo per cinque anni come voleva Schauble?



Uscire da un accordo monetario non è una passeggiata. Sarebbe stato meglio se la Grecia fosse uscita dall’euro definitivamente, ma sulla base di un percorso concordato e sotto la guida di una leadership preparata. Tutto il contrario di quello che si può dire di Varoufakis. Il vero problema è che per la Grecia uscire in queste condizioni sarebbe stato effettivamente disastroso.

Che cosa c’era dietro al piano del ministro delle Finanze tedesche?

Schauble, al quale tutti attribuiscono il ruolo del cattivo, ha voluto offrire alla Grecia una via d’uscita che era in qualche modo un capolavoro politico. Era infatti esattamente quella via d’uscita concordata che gli economisti auspicano. Poi però purtroppo le cose sono andate in un altro modo per l’opposizione di Draghi.

Perché ritiene che la proposta di Schauble fosse un capolavoro politico?

Chi vuole l’euro vuole l’austerità, e questo Schauble lo ha sempre detto. Il ministro delle Finanze tedesco è sempre stato coerente con le sue premesse, perché ha detto alla Grecia: “Se vi va bene le cose stanno così, altrimenti forse è meglio che usciate”. In questo modo però ha creato un grosso problema politico.

In che senso?

In primo luogo ha smentito il dogma dell’irreversibilità dell’euro, e quindi ha dato uno schiaffo a Draghi. In secondo luogo ha ammesso un fatto eclatante, e cioè che l’euro non protegge dalla crisi e che anzi se un Paese è in crisi starà meglio una volta uscito. A noi per esempio Prodi ha sempre detto il contrario. Schauble in questo ha dato una lezione di grande realismo e responsabilità politica.

 

I greci però ne escono con le ossa rotte…

E’ inutile che adesso raccontiamo la favoletta del tedesco cattivo e del greco buono e sfortunato. La verità è che i leader greci che sono accecati ideologicamente e tecnicamente impreparati. Pur provando compassione per il popolo greco, va anche detto che la sua tragedia è quella di essere stato ingannato dagli stessi governanti che si è scelto.

 

Secondo lei anche la Germania esce sconfitta da questa vicenda?

Purtroppo sì. Il problema è che le regole Ue sono tali che la Germania non può fare altro che quello che sta facendo. I governanti tedeschi all’estero passano per cattivi, quando in realtà stanno solo applicando le regole. Mentre all’interno, per tenere in piedi il loro consenso, danno la colpa di tutto ai popoli del Sud. Ciò è foriero di grandi tensioni internazionali.

 

In che senso la Germania non può fare altro da quello che sta facendo?

All’interno di un’unione monetaria fra Paesi diversi, o gli Stati forti pagano per quelli deboli oppure li sottopongono a un’austerità forsennata. In Italia per esempio il Nord paga per il Sud, perché esiste un senso di solidarietà nazionale. La Baviera del resto ha appena salvato la Regione austriaca della Carinzia, dove il fallimento di una banca rischiava di avere ripercussioni più ampie. Quei soldi sarebbero bastati per salvare la Grecia, ma si è fatta questa scelta perché esiste un senso di identità nazionale. Nell’Eurozona questo è impossibile.

 

Solo perché i greci parlano una lingua diversa?

Ovviamente la lingua è un aspetto di identificazione fondamentale. Ma soprattutto, la costruzione europea si caratterizza per il fatto di essere elitaria e verticistica. Per ben evidenti interessi economici, si è voluto questo progetto che fondamentalmente serviva per allontanare le decisioni economiche dagli elettorati nazionali per ricollocarle in una sede lontana, cioè a Bruxelles, dove il capitale era più libero di combattere la sua battaglia contro il lavoro. La solidarietà con tutto ciò non c’entra assolutamente nulla, anzi l’euro ha sbriciolato la solidarietà europea.

 

(Pietro Vernizzi)

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