La crisi economica ha messo in evidenza le fragilità europee, oltre a quelle di determinati Stati membri tra cui la Grecia, ma anche l’Italia, la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda, l’Olanda, la stessa Francia e persino la Germania, che, se smettesse di mettere la polvere sotto il tappeto, dovrebbe denunciare una condizione sociale interna ampiamente deteriorata. Inoltre, la reazione tecnocratica europea ha aggravato i danni della crisi con l’introduzione degli strumenti di sorveglianza macroeconomica, che impediscono azioni positive dei governi nazionali, e la richiesta di riforme strutturali, che riducono i diritti del lavoro e i diritti sociali e favoriscono la speculazione sui debiti sovrani degli Stati membri.
Sembra mancare un’idea per porre rimedio a questa situazione e per superare la crisi.
In realtà, l’idea c’è ed è stata formulata nel giugno del 2012 proprio dai Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea, prima che il piano della Commissione li fagocitasse, “l’unico modo per uscire da questa crisi è avere più Europa, non meno Europa”. E come riferì a Londra Mario Draghi, nell’agosto dello stesso anno, “Un’Europa fondata su quattro pilastri: unione fiscale, unione finanziaria, unione economica e unione politica. Questi pilastri, in due parole (…) significano che molta più sovranità sarà esercitata a livello sovranazionale”.
Bene, se questa è l’idea, bisogna prendere atto che i Capi di Stato e di Governo hanno perso l’orientamento e il senso del discorso politico europeo. Se lo avessero mantenuto, non ci sarebbe il revanscismo nazionalista nei diversi stati membri e soprattutto non ci sarebbe una questione greca.
La questione greca, nata con un debito di 30 miliardi di euro e giunta ora – grazie alla speculazione – a un debito di 300 miliardi di euro, infatti, non esiste. Se 11 milioni di persone che costituiscono uno dei popoli più antichi e, a ragione, più fieri del Mediterraneo, possono mettere in crisi l’eurozona, dove vivono più 336 milioni di persone, la colpa è dell’eurozona e non può essere certamente della Grecia, quale che sia la responsabilità di quest’ultima, che pure esiste.
Infatti, l’euro si salva e i debiti dei greci verso gli altri Stati si possono ripagare se la zona euro cresce grazie a una politica economica forte e comune, fondata su una fiscalità e un governo europeo; in una parola – come si è detto – con “più Europa”. Non serve, perciò, comprimere i diritti dei greci e imporre loro l’aumento delle imposte; quella della troika è una strada sbagliata per l’Europa e senza sbocco per i greci e questi fanno bene a reagire.
Un popolo che, nonostante il dominio ottomano per secoli, ha mantenuto la sua lingua, la sua religione e la sua immensa cultura, certamente non può farsi impressionare dal piccolo Jean-Claude Juncker, ex primo ministro del paradiso fiscale del Lussemburgo, dalla Signora Christine Lagarde, che nella sua imbarazzante lettera a Sarkozy si dichiarava pronta a tutto per “essere utilizzata”, e dalla dottoressa Angela Merkel, attuale rappresentante di quel popolo barbaro che si macchiò di eccidi efferati in terra di Grecia, anche contro i soldati italiani, e che non ha pagato i suoi debiti di guerra.
Ottima la risposta al diktat europeo da parte del governo di quel popolo fiero e colto: “sopravvivremo”. Infatti, anche se gli stati o i governi possono fallire, i popoli sopravvivono sempre, se hanno una terra e se sono pronti a combattere per difenderla come segno evidente della loro indipendenza. Altro è, poi, che i greci, come gli italiani, i francesi e persino i tedeschi debbano cambiare radicalmente alcuni usi e costumi che ormai non reggono, ma la questione euro e la ripresa dell’integrazione europea sono problemi che sussisterebbero comunque e la loro soluzione è “più Europa”.
Ma, cosa vuol dire, in definitiva, “più Europa”? Solo un governo economico europeo e un euro più forte di quello attuale? No di certo; “più Europa” non è solo una moneta forte, o un governo economico comune, bensì la formazione di una sfera pubblica europea in cui si costituiscano dei partiti autenticamente europei e si muova una classe politica europea, che risponda ai “cittadini europei” come prescrive il Trattato, quando prevede che questi siano direttamente rappresentati, a livello dell’Unione, nel Parlamento europeo.
“Più Europa” significa perciò più democrazia europea che la classe politica europea (per intenderci: l’insieme dei Capi di Stato e di Governo) dovrebbe assumere la responsabilità di realizzare in breve tempo, compiendo subito uno sforzo congiunto e solidale, perché non si può salvare l’euro in modo doloroso e costoso, senza dare ai cittadini europei un’autentica democrazia politica europea. Il principio “più Europa” non può essere l’antidoto per evitare l’abbandono dell’euro, ma semmai il criterio per la formazione di una democrazia per il popolo europeo.
Un’ultima osservazione. “Europa” e “democrazia” sono termini della lingua greca e, ancor di più sono invenzioni dei greci. La prima, Europa, sintetizza ed esprime il mondo della civiltà, contro i balbettanti (i barbari) della lingua greca, ed è rappresentata dalla bella ragazza dagli occhi grandi che Giove rapisce da Tebe con le sembianze di un toro che vola. La seconda, democrazia, sintetizza ed esprime il governo del popolo esercitato nell’agorà e che nulla ha a che fare con i giochi dei poteri forti. Ancora oggi la lezione dei greci è fondamentale per trovare la strada e andare avanti.