In un Paese che viaggia con i nervi a fior di pelle a causa della perdurante perdita di benessere e di certezze economiche, qualsiasi sirena di allarme suonata giustificatamente o meno rischia di amplificarsi anche oltre le giuste proporzioni. Potrebbe essere il caso anche per i nuovi meccanismi di risoluzione delle crisi bancarie, introdotti di recente dalla Comunità europea con la Direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive), la cui finalità è chiarire e omogeneizzare i meccanismi difensivi di gestione delle future crisi bancarie. Una Direttiva che ha provocato titoli e interpretazioni allarmistiche, minando una delle poche certezze dei titolari di conti correnti bancari, cioè la totale assenza di rischio sui denari depositati in banca.
Lallarmismo, va detto subito, è “quasi” del tutto ingiustificato, perché come ha spiegato recentemente il Direttore della Banca d’Italia Fabio Panetta «in Europa la disciplina sulla risoluzione delle crisi bancarie introdotta dalla Bank Recovery and Resolution Directive (Brrd) trasferisce il costo delle crisi dal settore pubblico agli azionisti e ai portatori di altre passività bancarie. Rimangono protetti i risparmiatori più deboli, quali i detentori di depositi fino a 100.000 euro, e i sottoscrittori di titoli garantiti». Depositi salvi e il tetto di 100.000 euro sembra ampio abbastanza per fare dormire tranquilli tutti i correntisti delle banche che sbadatamente lasciano sul conto denari, senza ricevere alcun tipo di remunerazione essendo depositi a vista, cioè prelevabili in qualsiasi momento senza preavviso. Anche i famosi conti deposito, utilizzati per raccogliere liquidità con tassi alti e tassi civetta, si ritiene siano coperti dalla garanzia di sicurezza dei 100.000 euro.
Il “quasi” si spiega con alcune precisazioni. Prima di tutto nessuna banca è sicura al 100% e quando l’aggettivo “sicuro” viene attaccato a qualche prodotto bancario per l’investimento del risparmio si commette un errore di tutela del consumatore. Tutte le banche potenzialmente possono fallire (o meglio finire in liquidazione coatta) o avere bisogno di un salvataggio, anche quelle italiane e i casi d’attualità non mancano: Banca Marche e Banca Etruria sono certamente i più famosi e rilevanti attorno a cui si lavora da tempo con ipotesi straordinarie di salvataggio, ingresso di nuovi soci e interventi speciali, di cui si parla di seguito.
Il fatto che la Direttiva richieda processi di monitoraggio più stringenti e tempestivi è una buona notizia, perché in alcuni casi gli interventi di commissariamento della Banca d’Italia (oggettivamente priva dei necessari poteri d’intervento sui vertici bancari) sono avvenuti quando i danni erano già accaduti. Basta ricordare la maxi-richiesta d’indennizzo votata dal nuovo consiglio di Banca Marche per oltre 280 milioni di euro nei confronti degli amministratori precedenti e per 150 milioni nei confronti della società di revisione, con contorno di sanzioni Consob per la falsa rappresentazione nei bilanci. L’attuazione della Direttiva dal 2016 dovrebbe assicurare maggiore forza nella vigilanza e prevenzione della crisi.
Vi è poi una seconda precisazione: la garanzia dei 100.000 euro è oggi fornita dal Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi (Fitd), soggetto che è alimentato volontariamente dalle stesse banche Spa. Panetta spiega che «è prevista la costituzione di un Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund, Srf), alimentato da contributi delle banche e destinato al finanziamento dei futuri interventi di risoluzione. Il nuovo sistema prevede una graduale mutualizzazione delle risorse provenienti dai sistemi bancari nazionali». Quindi, i fondi attualmente in dotazione del Fitd finiranno in un grande fondo europeo.
Forse è meglio così, perché al momento il Fondo di tutela dei depositi italiani si sta impegnando per cifre sempre più elevate nelle crisi e non solo per rimborsare depositanti: dopo essere intervenuto per 265 milioni e ricapitalizzare Tercas, ora sta offrendo 900 milioni del futuro aumento di capitale Banca Marche (100 in contanti e 800 milioni a garanzia delle sofferenze) costretto dal rischio di rimborsare oltre 7 miliardi di depositi bancari a rischio. Ora l’intervento nel capitale di banche decotte è certamente fatto per proteggere le altre banche dal contagio della paura, ma crea precedenti rischiosi e possibili polemiche. Rimborsare i depositanti è una cosa, entrare nel capitale della banca o garantire i mercanti delle sofferenze è ben altra decisione.
Inoltre, il Fitd non ha fondi, perché le 215 banche che aderivano a fine 2014 versano il loro contributo solo a chiamata e quindi la somma di 2 miliardi, di cui si parla nella relazione 2014, pari allo 0,4% dei depositi potenzialmente rimborsabili, è teorica, non è custodita in un conto. Tutto questo deve cambiare, perché il Fondo dovrà presto chiamare le banche a versare ex-ante una cifra totale di 400 milioni all’anno fino al 2024, per arrivare a livello 0,8% dei depositi da garantire.
Per effetto del nuovo meccanismo di salvataggio delle banche (noto come bail-in) restano vulnerabili, gli azionisti, i possessori di obbligazioni emesse dalla banca, i dossier titoli e i pronti contro termine, che non possono più sperare in un generoso intervento dello Stato a tappare i buchi della banca. Oltre i 100.000 euro dovranno prestare attenzione anche le imprese medio grandi che possono avere giacenze temporanee sul conto più consistenti. Sono queste le categorie del risparmio che si devono realmente informare e preoccupare: investire i denari in banca non è privo di rischi -come tanti istituti di credito ancora raccontano ai clienti – e la comunicazione obbligatoria dovrà porre fine a un grande equivoco.
Tutti questi ragionamenti valgono quando una o due banche stanno per fallire, perché nel caso si tratti di una crisi sistemica basta leggere i giornali di questi giorni e capire cosa succede in Grecia e quali sono i rischi di chi affida soldi alle banche.