«Gli effetti della riduzione delle tasse del governo Renzi saranno disastrosi, perché si tradurranno in tagli lineari della spesa pubblica e dunque in una diminuzione della produzione». È la previsione di Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma, secondo cui «quantomeno sarebbe un segnale politico significativo se Renzi si impegnasse a non rispettare il Fiscal Compact, ma i meriti non sarebbero comunque ascrivibili soltanto al suo governo». Sabato scorso il presidente del consiglio ha annunciato un piano di tagli delle tasse di qui al 2018, e mercoledì il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha commentato: “Se non avessi condiviso prima dell’annuncio del presidente del Consiglio queste misure sarei qui oggi, ma con un altro mestiere”. Quindi Padoan ha aggiunto: “Non è un annuncio estemporaneo, ma un altro passo di una strategia messa in atto da tempo”. Per Giorgio Squinzi, Presidente di Confindustria, la riduzione delle tasse può rafforzare la ripresa.
Ritiene che sia possibile il taglio delle tasse promesso da Renzi?
No, non è possibile.
Secondo lei per quali motivi?
Questo governo non ha nessuna intenzione di fare una spending review seria, o se la farà andremo incontro a un disastro epocale. Siccome questo governo ha dimostrato che non sa fare la spending review, farà tagli lineari per finanziare la riduzione delle tasse. Questi tagli produrranno effetti negativi per l’economia più forti degli effetti positivi legati alla riduzione della tassazione.
Perché secondo lei la spending review del governo si tradurrebbe in tagli lineari?
Il governo Renzi non ha fatto nessun investimento a livello di competenze e di fondi per l’Autorità Anticorruzione in modo da combattere gli sprechi, e andrà dunque come al solito a fare dei tagli lineari a casaccio. Ciò comporterà una diminuzione di produzione, di ricchezza e di appalti che servono al Paese. D’altra parte quando si tagliano le tasse, non si sa mai se genereranno una spesa o un risparmio. Sicuramente dunque l’effetto complessivo sull’economia sarà negativo.
E se l’idea di Renzi fosse quella di finanziare i tagli di tasse con uno sforamento rispetto al Fiscal Compact, restando però al di sotto del rapporto deficit/Pil del 3%?
L’Italia è già a un livello di deficit/Pil del 3%. Restarvi significa semplicemente non fare la maggiore austerità richiesta dall’Ue. Malgrado i comunicati in cui afferma che farà minore austerità, in questo momento il nostro governo ha un programma molto forte di maggiore austerità. L’idea è quella di portare il deficit dal 3% allo 0% in tre anni. Non sta quindi facendo meno austerità, ma meno austerità rispetto ai suoi progetti, tenendo comunque l’economia ferma dov’è.
Secondo lei, quale sarebbe la soluzione?
L’unica soluzione è quella di rimanere a un deficit/Pil del 3%, tagliando le tasse o aumentando gli investimenti pubblici e finanziando il primo o il secondo intervento con tagli non lineari derivanti da una seria distinzione tra la spesa pubblica produttiva e quella improduttiva. Il nostro governo però non ha fatto alcuno sforzo per creare una macchina organizzativa capace di raggiungere questo risultato.
Resta il fatto che Renzi potrebbe sforare il Fiscal Compact. L’Europa come la prenderà?
Questo sarebbe un segnale importante. Se Renzi ci riuscisse, significherebbe che comunque è un’Europa che in qualche modo lo ha autorizzato e che dunque sta andando a modificare il suo Dna alla luce del disastro greco. Io non sono ancora convinto del fatto che quanto è successo con la Grecia sia stato pienamente “elaborato”. Spero che ci si renda conto di avere fatto un errore terribile, e che finalmente l’episodio greco sia servito per svegliare l’Europa dall’ottusa austerità. Se quindi l’Italia sforasse il Fiscal Compact non sarebbe soltanto merito di Renzi, ma qualcosa da ascrivere in parte a lui e in parte alla Grecia.
Quindi Renzi non riuscirà a rilanciare l’economia, ma darà almeno un segnale politico?
Ammesso che riesca a portare a casa questo risultato, sarebbe un segnale politico ma a livello europeo.
E secondo lei ci riuscirà?
Ritengo che sia una questione europea. Nell’intervista uscita mercoledì su Repubblica Juncker ha detto: “È la paura che ha permesso l’accordo” con Atene. Se l’Europa ha capito che cosa è successo in Grecia, forse riesce a comprendere che anche i simboli contano, che quanto è avvenuto con Atene è stato devastante e che c’è bisogno di fare un passo indietro per salvare tutti.
(Pietro Vernizzi)