«Le conseguenze del referendum greco saranno in ogni caso negative. Se vincono i sì i pro-euro torneranno ad alzare la testa. Se vincono i no Atene comunque non si riprenderà, perché Tsipras ha deciso di rimanere all’interno della moneta unica che continuerà a frenare l’economia nazionale». È la previsione di Alberto Bagnai, professore di Politica economica all’Università G. D’Annunzio di Pescara. Domenica i greci saranno chiamati a esprimersi sul seguente quesito: “Deve essere accettato il progetto di accordo presentato da Commissione europea, Bce e Fmi nell’Eurogruppo del 25 giugno 2015, composto da due parti che costituiscono la loro proposta? Il primo documento è intitolato ‘Riforme per il completamento dell’attuale programma e oltre’ e il secondo ‘Analisi preliminare per la sostenibilità del debito’”. Il ministro delle finanze, Yanis Varoufakis, intanto ha pubblicato sul suo blog un post in cui afferma: “Il posto della Grecia nell’Eurozona e nell’Unione Europea non è negoziabile. Il futuro richiede una Grecia orgogliosa dentro l’Eurozona e nel cuore dell’Europa. Ciò richiede che i greci dicano un grande ‘No’ domenica, che si stia nell’area euro e, con l’autorità garantitaci da questo ‘No’, si rinegozi il debito pubblico greco così come la distribuzione degli aggravi tra chi ha e chi non ha”.



Professore, quale esito si aspetta dal referendum?

I media vogliono orientare chiaramente il popolo greco a restare in trappola. Tsipras potrebbe cedere prima, in quanto questo è un referendum su una proposta che è già stata ritirata, oppure finirà per perdere. Per l’Italia sotto il profilo politico sarà una catastrofe, perché usciranno come le lumache dopo la pioggia quanti affermano: “Vedete come è bello l’euro? Perfino i greci che sono in crisi se lo vogliono tenere”. Senza considerare che in questo momento il popolo greco è terrorizzato dal fatto di essere stato tenuto per una settimana senza liquidità. Per non parlare della “propaganda” dei giornali secondo cui se i greci votano “no” poi non ci sarà più da mangiare. Purtroppo è una guerra ed è sporca come tutte le guerre.



Se lei fosse greco come voterebbe?

Naturalmente voterei no, ma io non sono greco. La principale differenza tra me e un greco è che io non vengo da secoli di dominazione turca, da decenni di dittatura e da una condizione che all’inizio degli anni ’80 era quella di un Paese sottosviluppato. Per me, come per molti altri italiani, l’euro è sostanzialmente una fregatura. Mentre per un greco, con questo retaggio storico, l’euro è anche un simbolo di riscatto nazionale. Si crea così una sorta di “sindrome di Stoccolma”, che potremmo chiamare “sindrome di Salonicco” dalla città dove Tsipras ha presentato il suo programma. Un programma nel quale l’Europa era criticata, ma non l’euro proprio in quanto la moneta unica è il segno della compiuta emancipazione della nazione greca.



La Merkel sta tenendo una linea dura perché che vuole Tsipras sia silurato dagli stessi greci?

È difficile capire che cosa voglia la Germania, perché quella che abbiamo sotto gli occhi è una partita a scacchi molto complessa. Quello che da economista posso dire è che la Germania senz’altro nei suoi atteggiamenti esprime purtroppo la verità dell’euro.

In che senso?

La linea di Tsipras è che pur con un cambio fisso può finire tutto con un gran “volemose bene”. Nella realtà però l’euro fa sì che se ci sono degli aggiustamenti da fare bisogna muovere qualcos’altro. Con il cambio fisso cioè devono cedere i salari, e per raggiungere questo risultato bisogna creare disoccupazione o recessione.

 

In caso di una vittoria dei sì al referendum, Tsipras si dovrà dimettere?

È un referendum dal quale Tsipras uscirà comunque come un vincitore morale in quanto ha di fatto tentato di riportare un po’ di democrazia, sia pure in modo demagogico. D’altra parte siccome il premier greco ha avuto un mandato elettorale contro l’austerità, se i greci dicono sì all’austerità con il referendum effettivamente a questo punto avrebbe il dovere di dimettersi.

 

Per Varoufakis la permanenza della Grecia nell’euro non è negoziabile. La moneta unica è compatibile con la crescita economica da parte di Atene?

Varoufakis è schiavo di un condizionamento ideologico legato alla sua matrice di sinistra e a un certo nazionalismo ellenico che lo porta a vedere l’euro come positivo. A ciò si aggiungono motivi tattici, tali per cui ostenta la volontà di rimanere in un quadro normativo europeo e di combattere la battaglia al suo interno. Tutto ciò porta Varoufakis a fare affermazioni che dal punto di vista economico sono puro nonsense, perché senza uscire dall’euro la Grecia non ripartirà.

 

Se vincono i no al referendum ma senza uscire dall’euro, la Grecia è comunque spacciata?

Quello che non è chiaro è a che cosa sarebbe questo no. Il quesito e l’intera linea politica di Tsipras è menzognera. Il premier greco dice: “No all’austerità e sì all’euro”. Ma la Germania risponde chiaramente: “L’euro è l’austerità”. Il sottosegretario Zanetti ha sottolineato non a caso: “La Grecia vuole l’euro ma non vuole fare i sacrifici necessari”. Il paradosso è che le nostre elite prima ci hanno fatto credere che l’euro ci avrebbe aiutato, poi una volta entrati ci dicono che è una cosa che bisogna meritarci con sacrifici. D’altra parte se Tsipras non fa l’austerità, i greci si trovano più soldi in tasca e cominciano a comprare beni tedeschi, francesi e italiani con la moneta forte.

 

(Pietro Vernizzi)

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