Nel primo semestre del 2015 il ritmo della ripresa è stato in linea con le previsioni di un incremento del Pil a fine anno tra lo 0,7% e l’1%. L’inversione della tendenza economica da recessiva a espansiva è avvenuta nell’autunno 2014 grazie: alla svalutazione dell’euro che ha favorito l’export e l’importazione di turismo; al calo dei prezzi dei carburanti; e a un incremento dell’offerta di credito indotta da migliori condizioni per la stabilità bancaria create dalla Bce con il suo programma di allentamento monetario quantitativo – iniziato a marzo, ma scontato dal mercato sei mesi prima – che ha sia immesso iperliquidità nel sistema, sia dato una garanzia di fatto al debito che ha prodotto più fiducia sulla solidità dell’Italia e delle sue banche, permettendo loro più impieghi.
In sintesi, come scrive il più degli analisti, la ripresa italiana è stata finora trainata più da fattori esterni ed esogeni che da stimoli interni, endogeni, in quanto l’attivismo riformatore del governo non ha ancora avuto effetti rilevanti. Proprio questo fatto rende la ripresa poca e lenta.
Per irrobustirla nel secondo semestre allo scopo di portarla più in alto nel 2016, verso almeno il 2%, saranno necessari la continuità degli stimoli esogeni e un incremento di quelli endogeni, cioè un maggiore traino della crescita da parte del mercato interno. La copertura data dalla Bce continuerà. La spinta dell’export anche, ma probabilmente meno che nel primo semestre per la crisi dei Paesi emergenti e produttori di materie prime dovuta alle minori importazioni della Cina, alle prese con una crisi finanziaria sistemica, e all’eccesso di offerta di petrolio che ne riduce prezzo e proventi.
In tale turbolenza globale, poi, non è certo, pur ora previsto da tutti, che il dollaro salga ancora contro l’euro mantenendo la super-competitività delle merci eurodenominate. L’export tedesco sta già rallentando con effetto indotto sull’industria italiana. Per tale motivo ci dovrà essere più spinta interna, in particolare più investimenti.
Il governo dovrebbe fare molto di più e più in fretta per incentivare quelli privati e stranieri. Non solo. Il mercato, spaventato dal caso greco e dai sondaggi in Spagna che mostrano un futuro rischio di eurodivergenza, è più attento alla fragilità del governo in Italia. Pertanto la possibilità di attivare e attrarre più investimenti dipenderà dalla capacità dell’Italia di avere una credibile stabilità politica.
Questo mi sembra il fattore più importante, ora, per consolidare la crescita. Che richiede alla politica una saggezza finora mai mostrata.