Due giorni consecutivi di svalutazione dello yuan e borse in rosso con pesanti ribassi. Si parla di rischi limitati per l’export italiano ed europeo e dei pericoli di una guerra valutaria. Per Giulio Sapelli, Professore di Storia economica all’Università di Milano, bisogna però guardare oltre per capire qual è il vero pericolo che arriva dalla Cina.



Professore, la Cina ha deciso, per ben due giorni consecutivi, di svalutare lo yuan rispetto al dollaro. Cosa ne pensa?

Questa mossa disvela la profondità della crisi manifatturiera cinese. Una crisi dovuta in parte al ritorno in patria di alcune industrie occidentali che 20 anni fa avevano iniziato a delocalizzare lì le proprie produzioni e in parte al fallito tentativo di creare un mercato interno, mediante anche un grande processo di urbanizzazione, togliendo forzatamente i contadini dalle campagne per portarli nelle grandi città. Questo processo non è riuscito, perché molte di queste città sono vuote o semi-vuote. Dato che Pechino è entrata nel meccanismo capitalistico, ora si affida allo strumento della svalutazione competitiva. 



Questa mossa può funzionare?

Questa sembra la manovra di un Paese disperato, perché non è che la Cina esporti prodotti come quelli tedeschi o italiani, ma quelli di bassa qualità. Questa svalutazione dello yuan è un pannicello caldo. La situazione è drammatica e durerà alcuni anni, perché c’è un problema strutturale, con un eccesso di capacità produttiva, soprattutto nel settore immobiliare. Sono stati realizzati grandi investimenti immobiliari, sostenuti dalle banche e il debito è stato poi collateralizzato. Si tratta di una bomba atomica finanziaria. Il punto è che la Cina non è isolata e può creare grandi problemi a livello globale.



In che senso?

Guardi, non dobbiamo dimenticarci della crisi finanziaria interna alla Cina. In Occidente ne abbiamo sentito parlare nelle scorse settimane, ma il problema dura da tempo. Il Governo, per raccogliere quanta più liquidità, da anni invita i cittadini a giocare in Borsa. E i cinesi, come altri asiatici, investono anche in base a ciò che dicono gli astrologi. Inoltre, questi grandi movimenti di capitale non hanno nemmeno un’autorità di controllo. 

Salvo poi arrivare all’eccesso di arrestare, come avvenuto di recente, chi compiva operazioni al ribasso.

Sì, il panico è stato gestito con la repressione. Ora il problema è che la Cina, anche se viene definita un’economia capitalistica, è in realtà un’economia comunista innervata nel sistema capitalistico mondiale, da cui ha preso i lati peggiori. Il timore delle grandi centrali finanziarie è che se scoppiasse una crisi finanziaria in Cina potrebbe dilagare in tutto il mondo. Purtroppo essendo la Cina entrata nel Wto, non è più isolata e può creare grandi problemi a livello globale.

Dunque il vero pericolo non riguarda l’export o una guerra valutaria?

Queste sono stupidaggini. Significa giudicare un fenomeno completamente nuovo con un modello mentale vecchio. Certo, ci sono anche questi aspetti, ma si considera la Cina come una normale economia capitalistica, mentre è un sistema economico-sociale a metà tra comunismo e capitalismo autoritario di tipo nazista, che ha una finanza estremamente sviluppata, ma che non è sottoposta a nessun controllo, come si vede nel caso del sistema bancario ombra (shadow banking), molto presente in Cina.

 

Mi è sembrato di capire che giudica come un errore quello di aver fatto entrare la Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio…

Clinton ha fatto di tutto per far giungere in porto questa operazione. E comunismo e capitalismo occidentale si sono uniti attraverso la finanza. Il punto è che il sistema comunista pensa di poter controllare gli spiriti animali del capitalismo finanziario con la forza, con la manipolazione e non ci riesce. L’Occidente ha dato però via libera a questo sistema: è come se una persona fosse affetta da un virus come l’Ebola e anziché esser messa in isolamento venisse fatta entrare in una metropolitana affollata. Questo è quello che ha fatto Clinton.

 

E cosa potrà succedere alle partecipazioni cinesi in diverse aziende occidentali, tra cui anche alcune italiane?

Questo sarà un grande problema. Credo che da un lato alcune saranno cedute, mentre dall’altro ci saranno imprese o settori partecipati che verranno trascinati nella crisi.

 

Questa minaccia cinese potrà essere scongiurata?

Lo spero, ma da anni sostengo che la Cina si sarebbe schiantata contro un muro. E che i problemi della Cina non sarebbero stati relativi al suo successo economico. E che sarebbero dilagati a livello mondiale.

 

(Lorenzo Torrisi)