Ci sono aspetti di questa crisi che continuano a non essere citati. Nulla si distrugge, nulla si crea e tutto si trasforma (un vecchio detto di chi si occupa di scienza), quindi anche questi aspetti permangono e continuano a influenzare in modo sostanziale il comportamento dei principali attori di questa crisi.

Negli scorsi articoli ho già avuto modo di argomentare come le ragioni di un’uscita della Germania dall’euro si facciano sempre più significative. Da oggi possiamo aggiungerne un’altra, cioè una di quelle cose che non parlano esplicitamente di uscita dall’euro, ma che vi conducono come ragionamento conseguente. Siccome questa notizia viene dalla Germania, viene quasi da pensare che qualcuno, dietro le quinte, stia preparando psicologicamente il popolo tedesco ad accettare l’idea del fallimento del progetto euro senza traumi, come logica conseguenza di una situazione divenuta ingestibile e non più conveniente per loro. 



La notizia è la seguente. Secondo uno studio condotto da un prestigioso istituto di economia, la Germania ha tratto beneficio in maniera sproporzionata dalla fuga degli investitori dai titoli non sicuri, alla ricerca investimenti, come i Bund, che siano al riparo dalle tempeste della crisi che potrebbero di nuovo abbattersi sui paesi periferici.



L’istituto di cui parliamo è il tedesco Iwh, con sede ad Halle, in Germania; secondo il loro studio, dal 2010, ossia dall’inizio della crisi greca, i rendimenti dei bond tedeschi sono in calo costante. Ciò ha consentito al governo di risparmiare un centinaio di miliardi in interessi, una somma che è superiore alle perdite eventuali che Berlino subirebbe nel caso in cui la Grecia facesse default sul suo debito monstre da 320 miliardi. 

Poiché l’esposizione della Germania verso la Grecia, tenendo conto anche del recente pacchetto di aiuti, è di circa 90 miliardi, il risultato è che dall’inizio di questa crisi la Germania ci avrebbe guadagnato anche se la Grecia non restituisse nemmeno un euro. Quello che dovesse restituire, quindi, è tutto grasso che cola per le “povere” tasche tedesche.



Ora, gli aiuti concessi, servono a tenere in piedi la baracca ancora un po’, servono a far fare ancora un giro di giostra al malcapitato popolo greco. Che dovrà spremersi ancor di più per ripagare questo prestito, che in buona parte è già andato a coprire prestiti precedenti. In questo modo per l’economia reale non ci può essere nessun beneficio, mentre gli interessi per i nuovi debiti andranno a ingrossare i debiti attuali. La soluzione finale potrà essere solo una continua cessione di sovranità, continuando a far leva sul senso di colpa sapientemente distillato sul popolo greco. Ecco, il momento della rapina dei beni di Stato della Grecia sarà anche il momento di massima convenienza per la finanza tedesca per l’uscita dall’euro della Germania.

Ma le cose non sono così semplici. Anche perché tutto ha un limite, anche per il popolo greco. E gli eventi possono avere un’accelerazione oggi non prevedibile. Oppure i problemi possono nascere da parti non previste oggi. Anche perché il grande beneficio finanziario goduto dalla Germania in questi anni, ed evidenziato da quello che gli economisti hanno chiamato “surplus” della bilancia commerciale, non è andato “alla Germania”, nel senso che non è andato alla totalità della popolazione (o allo Stato), ma a un determinato gruppo di grossi investitori che in questi anni ha trovato l’albero della cuccagna all’ombra delle istituzioni politiche tedesche. Di fatto, ai lavoratori tedeschi non è andato praticamente nulla, se non il mantenimento del posto di lavoro.

E ora che la cuccagna sta finendo? Cosa diranno ai lavoratori mini-job tedeschi a 400 euro mensili? Che la cuccagna è finita e che sono licenziati? Non credo proprio. Allora, per continuare la cuccagna, dovranno cercare un’altra vittima da sacrificare, dopo la Grecia. Ma io sono convinto che il piano qui descritto non riusciranno ad attuarlo. Le cose non vanno mai così lisce. E poi, quando ci sono di mezzo gli italiani…