C’è un problema strutturale nell’economia mondiale che è causa del rischio crescente di nuova recessione globale. Nei decenni scorsi, per uscire dal sottosviluppo, quasi tutte le nazioni del pianeta si sono date un modello economico di crescita trainato dall’export. Questa scelta è stata fatta perché l’enorme mercato interno statunitense assorbiva le importazioni di tutti. Durante la Guerra fredda gli alleati europei e asiatici dell’America ebbero un privilegio per mantenere la coesione del fronte occidentale: il permesso di esportare di tutto in America senza che questa chiedesse reciprocità. Per questo poterono mantenere un forte protezionismo sociale interno, utile per la stabilità del consenso, e bilanciare l’inefficienza del modello grazie ai profitti dell’export. 



Consolidarono questo tipo di modello incapace di produrre forte crescita interna e, quando diventarono a loro volta ricchi, non furono in grado di trasformarsi in locomotive ausiliarie capaci di unirsi a quella americana per il traino dell’economia mondiale. 

La Cina, dagli anni ’80, prese il medesimo modello trainato dall’export, tentò dopo il 2008 di trasformarlo in uno trainato dai consumi interni, ma non ci sta riuscendo. Altre locomotive costituite dalle nazioni emergenti e produttrici di materie prime sono rimaste senza carburante per la caduta della domanda in una Cina decrescente. L’America è ormai troppo piccola per tirare tutto il convoglio. 



Questo problema, visibile fin dagli anni ’90, finora non era scoppiato grazie al ruolo della Cina come locomotiva ausiliaria di quella americana. Grippata la Cina, ora il problema è scoppiato. Il primo sintomo dell’implosione globale è la svalutazione di tutti contro tutti per tentare di sostenere l’export nazionale. Non funzionerà. A questo poi potrebbe seguire il protezionismo nazionale diffuso. Se ciò accadesse, poi vi sarebbe una depressione mondiale duratura. Questo è il rischio che sta agitando analisti, banchieri centrali e politici. 

In Italia il viceministro del commercio estero Calenda ha giustamente invocato un’iniziativa speciale d’emergenza del G20. Ma cosa si può fare? Nel breve è possibile, con un’azione coordinata delle banche centrali di immissione di megaliquidità nel globo, mantenere la fiducia dei mercati evitando una crisi finanziaria che poi innescherebbe il caos. 



Nel medio non c’è altro binario che quello di riformare i modelli delle economie sviluppate, in particolare dell’Eurozona, affinché facciano crescere di più i loro mercati interni in modo da trainare con più locomotive il resto del mondo.

 

www.carlopelanda.com