Dopo Matteo Renzi, che ieri ha ribadito l’importanza dell’azione riformatrice e di stimolo alla ripresa economia del Governo, oggi al Meeting di Rimini arriva Pier Carlo Padoan. Un intervento molto atteso, sia perché settembre e la Legge di stabilità si avvicinano, sia perché negli ultimi giorni dalla Cina sono arrivati sinistri segnali che fanno temere il peggio. Prima di arrivare alle kermesse, e partecipare all’incontro “Italia, una ripresa possibile!”, il ministro dell’Economia ha risposto ad alcune nostre domande.



Il tema del Suo incontro cita in termini assertivi “una ripresa possibile!”. Gli ultimi indicatori (non solo in Italia e anche negli Usa) non sembrano parlare ancora di una ripresa vera e propria. Con quale quadro macro di attese il Tesoro prepara la Legge di stabilità?

Il clima economico globale si è sicuramente “intiepidito”: la Cina cresce a ritmi meno sostenuti del passato, e tutti gli altri paesi del club dei Bric- cioè Brasile Russia e India, oltre alla Cina – hanno problemi domestici. La zona dell’euro nel suo complesso cresce poco, ma le recenti cifre di crescita per l’Italia confermano il quadro del Def. 



È più preoccupato per le turbolenze economico-finanziarie in Cina o per quelle del governo dell’euro dopo il terzo salvataggio della Grecia? Esistono a suo avviso reali margini di negoziato in sede Ue (non solo per l’Italia) riguardo forme di flessibilità di bilancio finalizzate agli investimenti per la ripresa e la crescita?

Più che preoccupati dobbiamo essere occupati a dare attuazione alle soluzioni messe in campo. Nel caso della Grecia, gli europei hanno dimostrato di saper essere solidali, a patto che la solidarietà venga meritata con l’impegno a modernizzarsi. Ma quella della modernizzazione è una sfida che riguarda tutti i paesi, non solo la Grecia. Tutti devono fare le riforme necessarie ad adeguarsi a una realtà nuova. L’Italia sta facendo riforme attese da molti anni, e questo lavoro ci ha riguadagnato la fiducia dei partner europei, e ci ha consentito un margine di flessibilità già riconosciuto per il 2016. Se per flessibilità si intende deficit, però, non dobbiamo dimenticare che al di là dei vincoli dell’Ue il nostro vincolo principale è un altro: l’enorme debito pubblico che si può ridurre soltanto con una combinazione di crescita sostenuta e disciplina di bilancio.



Lei ha affermato recentemente che una riduzione delle tasse è efficace solo se duratura e accompagnata dal taglio della spesa pubblica. È un percorso compatibile già per il 2016? Come le risorse eventualmente generate nel bilancio possono essere in parte destinate al settore delle imprese, anche ai fini di rilancio dell’occupazione? 

Veramente è un percorso cominciato già nel 2014 con il decreto legge 66, quello degli 80 euro, e proseguito con la Legge di stabilità per l’anno in corso. Fin dall’esordio di questo governo al centro della politica economica c’è stato il mondo del lavoro: lavoratori e imprese, appunto. Abbiamo ridotto il cuneo fiscale e creato incentivi per le imprese che riescono a essere competitive e ad assumere nuovi lavoratori. Abbiamo introdotto incentivi per l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato. Sta migliorando la quantità ma anche la qualità della occupazione. Noto peraltro che nel dibattito pubblico corre l’impressione che si debba sempre ricominciare da zero, mentre il governo sta perseguendo in modo coerente una politica di medio termine, e ogni misura si inserisce in un solco scavato da quelle precedenti. Per il 2016 e gli anni successivi continueremo così.

 

Il Tesoro è da tempo impegnato a favorire il risanamento del sistema bancario, principalmente per rilanciare il credito all’economia. Dopo i primi sgravi fiscali per l’abbattimento delle sofferenze, sono in preparazione altri interventi?

Abbiamo dapprima introdotto misure per il rafforzamento delle banche popolari che rappresentano un segmento importante del nostro settore bancario. E poi abbiamo migliorato la gestione del recupero crediti, nell’interesse non solo delle banche ma di tutte le imprese che fanno fatica a incassare crediti. Manca soltanto un tassello, e cioè un operatore di mercato capace di gestire crediti in sofferenza per liberare le banche italiane da questo peso, che è la pesante eredità di una crisi molto lunga. Altri paesi lo hanno introdotto prima del 2013, quando le regole erano più semplici e più elastiche. Da noi il problema si è manifestato più tardi e oggi dobbiamo risolverlo in un quadro di regole diverso.

 

(Antonio Quaglio)

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