«L’abolizione di Tasi e Imu non va compensata con un inasprimento delle aliquote da parte dei Comuni, bensì con un abbattimento degli sprechi della sanità regionale che si può perseguire attraverso la creazione di sette macroregioni». A proporlo è Francesco Daveri, professore di Scenari economici all’Università di Parma ed editorialista del Corriere della Sera. Martedì il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha annunciato l’abolizione totale di Tasi e Imu a partire dal 2016. L’eliminazione della tassa sui servizi indivisibili costerà allo Stato 3,5 miliardi, mentre quella dell’Imu varrà 15 miliardi.
Professor Daveri, il governo riuscirà a reperire i 18,5 miliardi che gli servono per abolire Tasi e Imu?
Il governo ha parlato di 10 miliardi di spending review, che però erano già preventivati. Immagino quindi che da un lato si tratterà con l’Europa per avere ulteriori margini di flessibilità, e che quindi ci sarà da far fronte a ulteriori tagli di spesa per la restante parte. Poiché però non si è specificato ancora con precisione dove si taglieranno i 10 miliardi preventivati, è difficile dire quali possano essere gli ulteriori tagli.
Con la Local tax, i Comuni potranno aumentare le aliquote per compensare l’abolizione di Tasi e Imu. Per un contribuente che cosa cambia?
È logico che i Comuni si facciano pagare per i servizi che offrono ai loro cittadini, e abbiano quindi uno strumento per ricavare gettito dal cespite che è più facilmente controllabile, cioè la casa. Se i Comuni alzeranno le aliquote per compensare i tagli d’imposta del governo centrale naturalmente non cambierà nulla. Il processo diventerà però più trasparente, in quanto i Comuni che offrono i servizi migliori potranno permettersi di aumentare di più le aliquote d’imposta.
Per mantenere la sua promessa, Renzi sforerà sul deficit?
Sì, anche se non rispetto al 3%, quanto rispetto al programma preventivato e concordato in precedenza con Bruxelles. Il governo può far valere il patto che prevede riforme in cambio di flessibilità nell’interpretazione del deficit pubblico. Penso che sia questo il piano del governo, ed è in questa direzione che si lavorerà.
Questi 18,5 miliardi per tagliare Imu e Tasi sono ben utilizzati o si poteva usarli meglio?
Si è parlato anche di soluzioni alternative, ma l’importante è che le tasse siano ridotte. Il taglio del cuneo fiscale, con la riduzione dei contributi sociali in modo permanente corrisponderebbe a minori prestazioni in termini pensionistici. La riduzione delle imposte sul lavoro avrebbe quindi questa contropartita che non è stata sottolineata a sufficienza. Si può discutere su quale sia l’imposta migliore da tagliare, ma l’importante è ridurre l’imposizione complessiva. Il rischio è però che questa riduzione di imposte fissata a livello centrale si trasformi in un aumento di imposte a livello locale.
Anziché aumentare le aliquote dei Comuni, è possibile compensare l’abolizione di Tasi e Imu con un taglio della spesa?
Il problema è che negli ultimi mesi si è persa un po’ traccia della spending review. Se c’è un capitolo che non viene mai toccato è la duplicazione delle decisioni in materia di spesa tra governo centrale, Regioni e Comuni. I veri risparmi verrebbero da una radicale riforma del funzionamento delle Regioni.
In che modo potrebbe essere attuata questa riforma?
Si potrebbe pensare o all’abolizione delle Regioni a Statuto speciale o alla diminuzione del numero di livelli. Il decentramento attraverso le Regioni è operativo dal 1970, e ha generato organismi autonomi in materia di spesa ma non per quanto riguarda la raccolta delle entrate fiscali. Ciò ha creato una serie di problemi e di sprechi soprattutto per quanto riguarda la sanità.
Come si può intervenire su questi sprechi?
Per risolverli si potrebbero creare sette macroregioni che sostituiscano le attuali 20 Regioni, in modo da creare maggiore competizione tra quelle più virtuose e quelle meno. Le macroregioni potrebbero essere le seguenti: Nord-Ovest, Nord Est, Emilia-Romagna e Toscana, Centro, Sud Peninsulare, Sicilia, Sardegna.
(Pietro Vernizzi)