“Un terzo del sistema bancario globale fa capo a cooperative, union e altre imprese finanziarie caratterizzate da democrazia partecipativa e biodiversità economica. E il Credito cooperativo italiano è un pilastro di questa tradizione in Europa”. Leonardo Becchetti, ordinario di economia politica all’Università di Roma-Tor Vergata, colloca su questo sfondo il cammino di riforma cui le 370 Banche di credito cooperativo hanno intrapreso con decisione.
Da questa settimana il progetto di autoriforma approvato all’unanimità dal consiglio Federcasse a fine luglio sarà sui tavoli parlamentari. Deputati e senatori esamineranno le linee evolutive della governance delle Bcc che il sistema ha approntato rispondendo velocemente alla moral suasion di Governo e Banca d’Italia. Poi, una volta emanato il nuovo “codice delle Bcc”, il Credito cooperativo aprirà il cantiere della riorganizzazione “a gruppo”.
Bcc “diversamente autonome” rispetto al passato, più collegate fra di loro in termini di auto-vigilanza reciproca, di responsabilità sulla sana e prudente gestione dell’intero Credito cooperativo. E Bcc più consapevoli che il modello di gruppo – più avanzato e sperimentato in molte realtà europee ed extraeuropee è un riferimento poco eludibile nell'”exit strategy” dalla grade crisi bancaria globale. Sono queste le due guidelines di un autunno destinato a segnare la storia ulttacentenaria delle Bcc.
“Il disegno di autoriforma messo a punto da Federcasse guarda sicuramente ad alcune esperienze di successo”, dice Becchetti a ilussidiario.net. “A livello internazionale in diversi paesi l’esperienza delle banche cooperative è forte e consolidata. Come ad esempio in Canada con il Dejardins Group, che con più 200 miliardi di dollari canadesi di attività totali è la prima banca del Qebec e fra i campioni nazionali del Canada. Le origini di quel movimento sono confrontabili con quelle del Credito cooperativo italiano e anche Dejardins ha dovuto affrontare fasi successive di crescita caratterizzate anche da singole crisi: inevitabili, del resto quando i player del comparto cooperativo sono molte centinaia e le diverse pressioni del mercato integrato e globalizzato aumentano”.
Le Bcc giungono all’autoriforma dopo un pressing vigoroso da parte del governo.
E’ più rilevante che il movimento e le sue strutture siano riusciti a dar prova di disegnare un proprio futuro. E non mi stupisce che tutte le autorità monetarie abbiamo riconosciuto quest’impegno, rinunciando a intervenire direttamente com’è stato fatto per le grandi Popolari. E’ molto importante che questo orientamento si confermi nelle prossime settimane nelle diverse sedi in chi il progetto Federcasse sarà tradotto in nuova regulation e in linee strategiche di vigilanza. Ed è importante che il governo capisca che la difesa della biodiversità bancaria è molto importante per la ripresa del paese.
L’elaborazione dell’autoriforma è stata serrata all’interno del movimento, in qualche passaggio sofferta.
Non ne sono rimasto sorpreso. La democrazia interna, in un movimento economico e sociale che coinvolge centinaia di imprese e milioni di italiani, è una dimensione naturale. E il passo che il Credito cooperativo ha messo in agenda è impegnativo, anche se dettato dall’evoluzione dell’attività bancaria. La scelta di un maggior raccordo fra le singole casse e la ricerca di solidità patrimoniale ed efficienza dimensionale s’inseriscono nella cornice disegnata in particolare da Ue e Bce. Ma l’esito positivo delle riflessioni sull’autoriforma conferma che le Bcc hanno capito che portare nel futuro la loro identità peculiare richiede il cambiamento. E l’autonomia nel decidere la direzione e le forme del cambiamento è già una garanzia fondamentale. Il Credito cooperativo, ci tengo a sottolinearlo, ha una responsabilità che va oltre il proprio destino di parte importante del sistema bancario italiano: è una realtà ampia e consolidata di quell’economia condivisa che resta fondamentale per la salute e lo sviluppo dell’intero sistema economico. Una recente indagine Nielsen ha rivelato che il 67% di un campione globale desidera lavorare in imprese socialmente responsabili.
All’orizzonte del Credito cooperativo italiano c’è un gruppo unico?
Lo decideranno le Bcc e le loro strutture associative nelle successive fasi di confronto con le autorità creditizie. Un grande gruppo nazionale – solidamente controllato dalle banche locali – resta certamente il modello più evidente nell’esperienza internazionale: il più rispondente all’esigenza posta da governo a Bankitalia, cioè rafforzare la cintura di sicurezza patrimoniale attorno alle Bcc e aumentarne la competitività attraverso sinergie più strette.Il credito sta diventando un servizio poco redditizio e purtroppo un’Azienda-paese come quella italiana ne risente. Di qui la sfida moltiplicata per una famiglia di banche istituzionalmente not-for-profit.