Il difetto dei talebani del mercatismo (felice definizione di Giulio Tremonti) è che amano talmente tanto la concorrenza da favorire monopoli e oligopoli. E se la realtà non entra nel loro schema non lo mettono in discussione, ma considerano che sia sbagliata la realtà. Sono contro i monopoli pubblici, ma stanno muti se sono privati. Per loro le piccole imprese sono un assurdo, al massimo le considerano un’ammortizzatore sociale. Amano la concorrenza, solo se è funzionale ad aumentare il Roe di qualche grande azienda. Pensano che bisogna estrarre valore finanziario dalle imprese solo per remunerare lautamente gli azionisti, non immaginano nemmeno che la forza di un’azienda stia nel mettervi valore. Più in generale, quando parlano di “valore economico”, lo considerano un sinonimo di “prezzo” e di “dividendo”. 



La creazione di valore, ancora, è solo in funzione degli azionisti, non dei collaboratori, dei clienti, dei fornitori e del territorio. Le regole poi vanno bene solo se vanno a favore della finanza e delle multinazionali, se servono a tutelare il tessuto produttivo del Paese o i cittadini si possono rimuovere senza problemi. I primi sono, per loro, gli angeli del mercato, i secondi delle bieche lobby. Sono ovviamente i grandi teorici del “fallimento del mercato”: nei mercati protetti dove si guadagna ci deve essere il privato; dove si perde, deve intervenire lo Stato (con le tasse dei cittadini).



Abbiamo una summa di questo “pensiero” (le virgolette sono d’obbligo) nel dibattito mediatico di queste ore sul ddl concorrenza. Vorrei rivolgere a questi illustri opinionisti alcune domande nel merito.

1) Le assicurazioni hanno registrato nel 2014 circa 2,4 miliardi di utili: perché non abbassano le tariffe?

2) Negli anni della crisi, essendo calato molto il traffico, sono calati proporzionalmente anche gli incidenti e quindi i risarcimenti: perché nello stesso periodo i prezzi della RCAuto sono aumentati?

3) Perché un automobilista dovrebbe avere solo 3 giorni per indicare un testimone e le assicurazioni nessun limite?



4) Perché la cessione del credito dovrebbe essere vietata in Italia solo per coloro che si rivolgono a un carrozziere non convenzionato con le assicurazioni?

5) Perché il sistema proposto dalle assicurazioni (praticamente far diventare i carrozzieri loro dipendenti e fissare il prezzo della riparazione, a scapito della qualità e della sicurezza) non si configurerebbe come abuso di posizione dominante relativa?

6) Perché i farmaci di fascia C (quelli con ricetta medica) dovrebbe essere venduti nei supermercati o nelle catene delle parafarmacie? Non c’è un problema della tutela della salute pubblica? 

7) La farmacie concorrono al contenimento dei costi della sanità attraverso il Pay-back: è questo un problema irrilevante?

8) La maggior parte delle parafarmacie è in mano alle catene di distribuzione dei farmaci: non c’è il rischio di un conflitto di interessi a scapito della salute dei cittadini?

9) Uber Italia ha dichiarato nel 2014 un fatturato inferiore a 1,5 milioni di euro e 13 addetti: perché sarebbe preferibile “uccidere” decine di migliaia di microimprese (i taxisti, con relativo Pil e occupazione), per favorire una sola microimpresa?

10) Quando si utilizza Uber, si paga direttamente in Olanda: oltre a non sapere verso quali paesi facciano rotta quei fondi, potete dirci se da quel Paese poi si versi l’Iva in Italia (che i taxisti versano)?

11) Perché non chiedete la piena liberalizzazione del servizio postale, un monopolio che impedisce lo sviluppo di una miriade di attività di logistica e di entrate fiscali (Iva) e plaudite alla privatizzazione delle Poste che farebbero solo passare da un monopolio pubblico a uno privato?

12) Non vi bastano i precedenti italiani per realizzare che le liberalizzazioni vanno fatte prima di privatizzare, perché, se prima si privatizza, poi non si liberalizza più?

Si potrebbe proseguire con altre decine di domande, ad esempio sulle lobby (di quali media sono azionisti i carrozzieri, i taxisti, i farmacisti, i notai, i piccoli trasportatori?), ma queste intanto possono bastare.

In attesa delle risposte, voglio solo ricordare che il compito della politica è quello di creare le condizioni della concorrenza per avere un mercato aperto e per tutelare i consumatori/utenti, tenendo presenti tutti i fattori in gioco, non solo quelli economici, ma anche quelli sociali, possibilmente evitando di ripetere gli errori del passato, impostati sul principio “privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite”, che hanno causato danni morali ed economici all’Italia.

Si racconta che, nell’immediato dopoguerra, Mises (grande teorico del liberalismo economico) e Roepke (liberale, padre dell’economia sociale di mercato) camminassero nella campagna tedesca e, nel vedere i piccoli appezzamenti ben curati, Mises esclamasse: “un modo molto inefficiente di produrre ortaggi”; e Roepke rispondesse prontamente: “un modo molto efficiente di produrre felicità umana”. Per fortuna dei tedeschi, Adenauer ed Erhard, la cui statura politica è difficilmente discutibile, hanno scelto come consigliere economico Roepke…

L’economia (nel senso pieno di questo termine) è importantissima, è il governo della casa. Ma ogni padre di famiglia sa che la casa deve servire a chi ci vive, non viceversa. E chi ci vive è una persona, non appena un cliente.