Continua la speculazione sull’oro e la compressione al ribasso del suo prezzo, ormai in maniera palese. I money-managers sono infatti rimasti net-short sul metallo prezioso per la seconda settimana di fila, dopo aver abbracciato la prima posizione ribassista dal 2006 e il valore dei prodotti che tracciano l’oro, come gli Etf, è crollato di 6 miliardi di dollari il mese scorso, il massimo dal settembre 2014, stando a dati di Bloomberg. Con i prezzi ancorati ai minimi da 5 anni, questo trend a detta di Morgan Stanley potrebbe mantenere il mercato in quest’area fino al 2018, visto che solo il 40% di quanto viene estratto o riciclato ogni anno viene venduto come solido in barre o monete.
Stando a dati della Commodity Futures Trading Commission, gli speculatori detenevano 11.334 contratti net-short al 28 luglio scorso e un gruppo di analisti interpellati di Bloomberg ritiene che il prezzo potrebbe scendere a 984 dollari l’oncia prima di gennaio, soprattutto se passato dicembre la Fed non avrà alzato i tassi nemmeno una volta.
Ma veniamo ora al perché di questa dinamica, partendo dal primo grafico a fondo pagina, il quale ci mostra che al 31 luglio scorso la Zecca Usa aveva venduto 170mila once di oro da inizio mese, il quinto volume di sempre. Insomma, c’è voglia e domanda di oro fisico tra i cittadini. Il problema è che pare di essere in pieno déjà vu della metà del 2013, quando si registrò il completo collasso presso il Comex delle detenzioni di oro cosiddetto “registered”, ovvero disponibile alla consegna. All’epoca l’oro stoccato nei caveau scese di circa 2 milioni di once in solo sei mesi e la responsabilità fu additata a JP Morgan. Ma la questione fondamentale era un’altra, ovvero quel collasso di disponibilità portò la cosiddetta “gold coverage ratio” (cioè il numero di once legate a contratti futures in open interest contro le once di oro fisico registrato) a salire da 20x, di fatto in media con il suo livello a lungo termine, a qualcosa come 112x, cioè c’erano 112 once di oro richiesto per ogni oncia fisica disponibile alla consegna. Con l’inizio del 2014, però, l’ammontare di oro registrato al Comex triplicò, passando da circa 350mila once a 1,15 milioni di once e tutto sembrò stabilizzarsi.
Ed eccoci arrivare a venerdì scorso, periodo che in gergo di chi opera è definito “month end position squaring”, quando i dati di fine mese del Comex facevano notare come 25.386 once di oro registrato (ovvero disponibile alla consegna) erano state ridenominate come eligibili, ovvero non disponibili alla consegna fisica. E come ci mostra il secondo grafico, quel cambiamento di status ha portato l’ammontare totale di oro consegnabile del Comex da 376.906 a 351.519 once, poco più di 10 tonnellate, il volume minimo di sempre!
Incidentalmente, poi, si è registrata anche la sparizione del 22% dell’oro eligibile nel formato di barre da un kilo, tipologia che tradizionalmente serve come indicatore della domanda cinese: sintomo che con il mercato ormai in bolla totale, i cinesi che hanno ancora qualche risparmio lo indirizzando verso il bene rifugio per antonomasia. Veniamo ora alla parte più interessante, ovvero all’oro di carta, dove le cose sono rimaste immutate, come ci mostra il terzo grafico: l’open interest aggregato sull’oro è cresciuto modestamente a quota 43,5 milioni di once venerdì dai 42,9 milioni del giorno prima.
Questo numero di suo non ci dice niente, visto che rappresenta soltanto il totale delle richieste potenziali sull’oro se queste vengono esercitate (e al Comex la media è del 5% di consegne reali rispetto al numero di contratti futures stipulati), ma è interessante se comparato al dato dell’oro fisico che dovrebbe garantire quelle potenziali richieste di consegna, la cosiddetta coverage ratio. Come ci mostra il primo grafico a fondo pagina, i 43,5 milioni di once di open interest vanno infatti a fare il paio con il minimo storico di oro disponibile alla consegna, 351.519 once di cui abbiamo parlato prima, portando la ratio a qualcosa come 123,8 once in potenziali richieste di oro cartaceo per ogni oncia di oro fisico!
È il record di tutto i tempi, capace anche di stracciare quello precedente creato da JP Morgan con la liquidazione dei suoi caveau aurei nel gennaio 2014. Un altro modo per mettere in prospettiva questa dinamica è la cosiddetta ratio di diluizione tra oro fisico e oro di carta, oggi al minimo storico di 0,8%, a fronte di una ratio di coverage media che fino al 1 gennaio 2000 era di 19,1x, mentre oggi è 6 volte tanto! Insomma, ora avete capito come funziona il magico mondo dei futures sull’oro, un vero e proprio casinò manipolatorio che non riflette assolutamente il valore reale, soprattutto intrinseco, del metallo prezioso come vera e propria forma di denaro non fiat.
Ora mi chiedo, con la domanda di oro fisico di Paesi come Cina, India, Russia ma anche gli Usa che continua a salire e le vendite tutte concentrate nel comparto dell’oro cartaceo, dove sta finendo tutto l’oro? Certamente non nei caveau della Cme, visto che l’ammontare di metallo disponibile alla consegna non è mai stato così basso. Chi sta stoccando e dove? Ma soprattutto, il Comex ha già vissuto momenti di scarsità di oro registrato e il rischio di fare default sulle consegne ma ha sempre evitato questo epilogo. Oggi però le tonnellate di metallo pronto alla consegna sono solo poco più di 10, per un controvalore di circa 383 milioni di dollari. Due settimane fa sono stati scaricati 2,7 milioni di contratti futures aurei nel mercato più illiquido di sempre, perché oggi qualcuno non dovrebbe voler fare il contrario, ovvero mettere sul piatto 400 milioni di dollari e svuotare i caveau di oro consegnabile del Comex per vedere come reagisce, sia l’istituzione che il mercato?
Inoltre, visto che c’erano già oltre 7 milioni di once di oro eligibile, perché la conversione di fine mese al Comex di oltre 25mila once d’oro da consegnabile a non consegnabile? Si stanno creando le condizioni per un movimento tellurico sull’oro per soddisfare le necessità di qualcuno, come ci potrebbe fare pensare l’ultimo grafico? Siamo forse arrivati al face-off finale tra oro fisico e oro di carta?
Se così fosse, molti acquisti di massa di potenze emergenti attraverso le Banche centrali avrebbero molto più senso. E anche i rimpatri della Bundesbank e della Banca centrale olandese del proprio oro stoccato presso la Fed di New York avrebbero una luce differente. Se poi la Cina, di colpo, dovesse davvero pubblicare i numeri reali delle sue detenzioni auree… A proposito, quando Bankitalia si degnerà di dirci quanto oro italiano (quarta riserva al mondo) è stoccato all’estero e dove?