Il professor Monti torna in pista. L’Ue lo ha chiamato a presiedere il “Gruppo sulle risorse proprie della Ue”. E per l’occasione ha rilasciato una (dis)gustosa intervista al Corriere. Tanto per non smentirsi: “Guardiamo l’attaccamento dei greci all’euro. La Grecia è il migliore esempio di successo della moneta unica. Non è un paradosso. L’ho detto nel 2011 e lo confermo oggi ancora di più. Quanto qualcuno tiene ad una cosa lo si capisce dai sacrifici che è disposto a fare pur di non perderla. Nessuno ha fatto tanti sacrifici quanto i greci, che sono disposti a farne ancora, per rendere la loro economia adatta all’euro, anziché dire addio alla moneta unica”.



Eh sì. L’attaccamento dei greci all’euro, dopo decenni di lavaggio del cervello sulla moneta unica, è un fatto che deve far riflettere. Ma deve far riflettere tenendo ben presenti sia la storia che la collocazione geografica della Grecia. Essa infatti è un confine dell’Europa, una terra puntata verso il mondo islamico. E si tratta di un mondo islamico, come quello turco, che ha segnato sanguinosamente la storia e la cultura del popolo greco.



L’attuale grandezza (numerica) e potenza (economica e militare) della Turchia non sono certo fattori di serenità per il popolo greco. Esso sente fortissima la necessità di appartenere a un insieme più grande per sentirsi più al sicuro. E come non appartenere a quella Europa a cui indubitabilmente ha dato le radici filosofiche? Ancora oggi tutta la cultura europea è debitrice perenne della grandezza dei filosofi greci. Quindi la moneta unica è oggi per il popolo greco molto più di uno strumento monetario: è quasi un feticcio contro lo spauracchio islamico.

Ovviamente il professor Monti ha sorvolato elegantemente il fatto che, con l’accettazione del piano Ue, il governo greco ha di fatto tradito l’espressione popolare del referendum. Ma questo rischia di essere un disastroso boomerang. E non per la Grecia. Infatti, il cosiddetto piano Ue consiste di due parti: da un lato, una ricetta durissima di austerità che farà soffrire ancor di più il popolo greco, senza apportare reali benefici al bilancio statale; dall’altro, un pacchetto di aiuti di oltre 80 miliardi di euro. 



Come già spiegato, in quel teatrino dell’assurdo che si è svolto in questi ultimi tempi, Tsipras aveva indetto il referendum nella speranza di perderlo e di avere così la scusa per non realizzare quanto promesso in campagna elettorale. Vinto invece il referendum, si è trovato di fronte il ministro tedesco Schauble che gli ha proposto di uscire dall’euro. Il piano B, quello delle richieste impossibili e assurde, era quello che Schauble non voleva. In altre parole, i due giocatori delle rispettive squadre hanno giocato per fare autogol: e incredibilmente hanno realizzato l’impossibile, hanno perso entrambi.

Schauble non voleva salvare la Grecia, perché non voleva dare altri soldi senza speranza di rivederli. Pensiamoci un attimo: come dargli torto? Con quale criterio è possibile pensare di dare oltre 80 miliardi a un Paese indebitato che non riesce a pagare il debito precedente di oltre 300 miliardi? Ovviamente questo tipo di ragionamento da Monti non lo sentiremo mai.

Questo mette il dito sulla piaga su un altro aspetto di cui in questi tempi non si è sentito un minimo di riflessione. Riguardo il caso Grecia, spesso si è sentito dire che i greci hanno sbagliato perché si sono indebitati troppo e ora quel debito deve essere pagato. Ma se è vero che esiste una responsabilità del debitore, ancor più è vero che esiste una responsabilità, almeno pari, del creditore. 

Se io infatti prestassi una grossa somma a un barbone sarei veramente ridicolo se protestassi e urlassi affinché riabbia indietro quanto prestato con gli interessi. Sarei (giustamente) trattato come uno stolto. E come verranno trattati i vari Merkel e Schauble (e Juncker e tutti gli altri) tra qualche tempo, quando sarà evidente che la Grecia è ancora in crisi profonda e non riesce ancora a pagare il debito? Tanto più che il Fmi di Christine Lagarde sembra volersi tirare indietro da questa operazione: non vogliono cacciare altro denaro da prestare a un Paese che non considerano in grado di ripagare il debito. E quindi pretendono, più razionalmente, un taglio del debito prima di prestare altro denaro. Probabilmente si sono stufati di cacciare soldi che alla fine finiscono in tasca a banche tedesche e francesi.

Insomma, il caso Grecia sta diventando una brutta faccenda nella quale tutti hanno da perdere. E si deve considerare che, dovendo rispondere a un loro elettorato, i politici tedeschi, non potendo pretendere l’uscita della Grecia, spingeranno per far uscire la Germania dall’euro. E il prossimo anno questo movimento potrebbe avere delle accelerazioni poderose. Infatti, non solo in Austria, ma anche in Finlandia verrà indetto un referendum per uscire da questa Europa. Anche in quel Paese si sono accorti che l’Europa chiede sempre di più e dà sempre di meno. E anche lì un comitato di cittadini senza schieramento politico ha raccolto in pochissimo tempo il numero di firme necessario a richiedere lo svolgimento di un referendum.

Il povero professor Monti continua a vantarsi del grande successo dell’euro in Grecia, ma non ha calcolato i costi con cui si sta ottenendo questo presunto successo. Un successo della Grecia che a buon titolo verrà ricordato come una vittoria di… Pirro! Passato alla storia per vincere molte battaglie. Ma a un costo tale che la vittoria era di fatto una sconfitta.

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