Erano mesi che della Consob si erano quasi perse le tracce. Soltanto ieri mattina, fra rumor e mezze conferme, la Commissione di Borsa ha fatto sapere di essere al lavoro: di aver chiesto alle banche interessate dai cosiddetti Srep, i nuovi stress test condotti dalla Bce sulle banche su solidità patrimoniale e gestionale di 13 banche sotto diretta sorveglianza di Francoforte.



Gli esiti provvisori sono noti a grandi linee: tutti gli istituti tranne le due Popolari venete (Vicenza e Veneto banca) presentano coefficienti superiori ai nuovi parametri rivisti in leggero rialzo dalla Bce. I numeri definitivi arriveranno solo a fine novembre: dopo che le banche oggetto di esame potranno presentare obiezioni. A differenza degli stress test del novembre 2014 – che avviarono l’Unione bancaria – queste pagelle intermedie non sono destinate alla pubblicazione e dovrebbero rimanere riservati fra vigilanza e istituti. Ma il rischio di leak è sempre in agguato e la Consob teme “indiscrezioni e asimmentrie informative”. E per questo desidera conoscerle da subito, per valutare l’opportunità di chiederne la pubblicazione se necessario.



Giornate di “normale vigilanza sui mercati”? Non proprio. A suonare la sveglia alla Commissione presieduta da Giuseppe Vegas è giunto due giorni fa un duro editoriale di Luigi Zingales. Che a partire dalle crisi emerse nelle due Popolari del Nordest, ha anzitutto difeso l’apparente durezza degli ispettori Bce in contrasto con l’apparente condiscendenza dei vigilanti Bankitalia. Ma l’affondo finale l’economista di Chicago lo ha riservato proprio alla Consob. Non senza attenzione all’attualità: attorno e Vicenza e Montebelluna si stanno organizzando folti comitati di piccoli soci, desiderosi di dare battaglia a tutto campo. Contro i vertici che hanno guidato le banche negli ultimi anni; contro la Vigilanza di Via Nazionale, ma anche contro la Consob: responsabile della trasparenza informativa e operativa su titoli e operazioni societarie.



Certo, l’impressione che Zingales abbia voluto lanciare un ballon d’essai è circolata fra Piazza Affari e i palazzi romani. L’economista se n’è appena andato – sbattendo la porta – dal cda Eni. Libero da incarichi – e stanco di fare il “signor no” nei board di grandi corporation italiane (Telecom ed Eni), si sente presumibilmente a disposizione del premier Matteo Renzi, di cui è stato frequentatore ai tempi delle Leopolde. E di certo la Consob è una della stanze dei bottoni di nomina governativa che attendono una sistemazione.

La riduzione del collegio da cinque a tre membri – decisa dal governo Monti – è già stata cancellata e le pre-selezioni dei curriculum dei nuovi commissari sono ufficialmente in corso da marzo. Vegas appartiene del resto a tre stagioni politiche fa (fu nominato da Giulio Tremonti, di cui era viceministro) e la sua gestione Consob è stata punteggiata di polemiche (ad esempio sul caso Unipol-FonSai), contrasti interni all’authority, bocciature di assunzioni, financo indagini giudiziarie. Renzi è già riuscito a nominare un suo commissario nel collegio (la giurista Anna Genovese): ma per il premier “pigliatutto” si è trattato evidentemente solo di un assaggio.