Ci voleva l’emergenza profughi per rimettere in moto, seppur in forma precaria e senza apparenti prospettive, l’economia di Briatico, borgo dimenticato della provincia di Vibo Valentia, lambito da un mare trasparente quanto dimenticato, come emerge dal racconto sul Corriere della Sera di Federico Fubini. “Il comune già sciolto per mafia ha smesso da un pezzo di pulire le strade – scrive nel suo reportage –. Non esiste un autobus per arrivare, un locale notturno nella zona, o un cameriere del posto che parli inglese: l’ultimo turista si è presentato quattro anni fa”. Ma nel residence Raggio Verde, cattedrale nel deserto del nuovo modello di sviluppo, stavolta basato sul turismo e l’ambiente, sono finalmente arrivati i viaggiatori.
Non dal Nord, comunque separato dalle disavventure della Salerno-Reggio Calabria, bensì dal profondo sud, lungo le rotte che furono dei saraceni e dei pirati berberi. Nel corso degli ultimi mesi oltre 4mila stranieri sono capitati sulle coste della quarta provincia più povera d’Italia, immigrati per caso in quella che da più di un secolo è terra di migranti. Di conseguenza, si è registrato un afflusso inedito di fondi per sostenere l’impatto dei migranti. Il residence disabitato alloggerà 60 minorenni in arrivo dall’Africa subsahariana e farà da base di lavoro per un piccolo staff: un infermiere, uno psicologo, un assistente sociale, un direttore ed un custode. Quando mai ci sono state cinque assunzioni a tempo indeterminato a Briatico? E che manna per il bar Cin Cin che fornisce migliaia di pasti a 8 euro cadauno, pagati dai fondi supplementari forniti dal ministero.
Insomma, potremmo dire che Cristo si è fermato a Briatico, terra dei 120 fallimenti nel 2014 che chiuderà il 2015 con diverse decine di nuovi posti di lavoro nell’assistenza e molti di più nell’indotto: negozi che riaprono i battenti ed alberghi che ritrovano la ragion d’essere. In termini economici, l’onda dei rifugiati ha avuto un effetto keynesiano in questo lembo di Sud ove la programmazione ed ogni altra ricetta hanno fallito: quest’anno Briatico crescerà in termini di Pil dello 0,4%, grazie ai fondi del Viminale e dell’Unione Europea.
Le buone notizie finiscono qui. Un po’ perché dietro l’inatteso boom ci sono storie tragiche e violente. Un po’ perché non s’intravvede un futuro dietro la politica dell’accoglienza. A differenza di quel che sta avvenendo in Germania, non esiste una politica di inserimento degli immigrati nel tessuto economico del Paese. L’Italia non sembra in grado di completare il salto che divide la solidarietà umana da una vera politica dell’accoglienza. Angela Merkel ha saputo far quadrare le esigenze del sistema economico tedesco, affamato di cervelli e di braccia qualificate (come la manodopera siriana) con gli ideali della solidarietà, all’insegna di una politica del bene che affonda le sue radici ideali nella razionalità e non negli slanci emotivi, ben più ballerini ed incerti. Berlino ha così saputo cogliere l’occasione per affrontare i nodi demografici che minacciano di inceppare la macchina economica.
Ma la situazione italiana è poi così diversa? La crisi demografica italiana è ancor più grave di quella tedesca, con grossi problemi per la possibilità di pagare le pensioni. E poi, al di là della retorica, il problema non è di respingere o meno masse migratorie che comunque arriveranno. Semmai è di scegliere se adottare nuovi cittadini oppure se ingrossare le fila dei vu’ cumpra ai semafori. E’ una sfida terribile su più terreni: integrazione culturale e linguistica, rispetto delle differenze ma anche difesa orgogliosa di quel che rende l’Italia un Paese dove si vive bene: il rispetto delle regole, sia da parte degli italiani che degli immigrati.
In questo senso il caso Briatico permette di ripensare la questione del Mezzogiorno in un modo nuovo. Una politica espansiva dell’accoglienza può innescare una stagione di sviluppo e di riforme laddove, in questi anni, è cresciuto il cancro dell’illegalità e dello sfascio. Chissà, forse è lecito sognare: un esercito di immigrati impegnati nella bonifica di terre devastate dall’inquinamento, impegnati nella realizzazione di nuove infrastrutture e nel completamento di quelle vecchie. Sangue fresco capace di dar vigore ad un corpo sociale afflitto da rassegnazione gattopardesca. Un sogno? Probabilmente sì. Ma guai a buttare al vento il dono della Provvidenza a Briatico, terra che sembrava senza speranza.