«Non basta certo un lieve decremento per risolvere la questione del debito italiano. Il governo Renzi continua a prendere alla leggera quello che in realtà è un grave problema». Lo afferma il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Ieri la Banca d’Italia ha reso noto che nel mese di luglio il debito pubblico italiano è calato a 2.199 miliardi di euro, registrando cioè 4,5 miliardi in meno rispetto a giugno. A diminuire è stato soprattutto il debito delle amministrazioni centrali per 3,5 miliardi, seguito da quello delle amministrazioni locali (-1,2 miliardi). Il debito degli enti di previdenza è aumentato invece di 200 milioni di euro.



Il debito italiano continua a essere un problema o lo scudo della Bce fa sì che non lo sia più?

Sicuramente lo scudo della Bce fa sì che per ora, finché c’è il Quantitative easing e finché non c’è una crisi dell’euro o dell’Italia, il problema non si ponga. Un Paese con un rapporto debito pubblico/Pil al 130% rischia però molto, salvo nell’ipotesi in cui il debito stesso scenda gradualmente. Se il debito non scende l’Italia subirà una procedura d’infrazione, perché l’anno prossimo scatta l’obbligo di riduzione graduale del debito previsto dal Fiscal Compact. La vera questione è fare una legge di stabilità che eviti l’incremento del debito.



Lei si aspetta che di qui a fine anno il debito aumenta o diminuisca?

Le previsioni sul Pil italiano complessivo nel 2015 sono del +1,5%. Se il deficit di quest’anno sarà del 2,4%, noi avremo ancora un ulteriore aumento del debito pubblico. Il principale responsabile di questo fatto è il nostro governo. A ciò si aggiunge un altro fattore…

Quale?

Il debito pubblico purtroppo in questo periodo cresce anche quando il Pil aumenta in termini reali, perché il Pil in termini monetari rimane molto basso. L’Italia ha emesso il debito pubblico quando il tasso d’inflazione era tra l’1% e il 2,5%, mentre adesso è sotto l’1%. Il Pil monetario sale poco, e ciò fa sì che dovremo essere molto prudenti per quanto riguarda il Pil reale.



Ritiene che con la prossima legge di stabilità il deficit aumenterà?

Il governo vorrebbe aumentare il deficit, ma bisogna vedere se la Germania ce lo consentirà. A parte il fatto che è in atto un mercanteggiamento assurdo, in base a cui l’Ue vuole concedere di fare più debito a chi accoglie gli immigrati. Ma soprattutto la politica di Renzi, che ha scelto di non considerare il debito pubblico, è grave perché il vero problema dell’Italia non è il deficit di bilancio, ma il debito pubblico.

Eppure altri Paesi Ue e gli stessi Usa continuano a indebitarsi…

Per altri Paesi non c’è questo problema, perché hanno un rapporto debito/Pil al di sotto del 100%. È chiaro che gli Usa fanno eccezione, in quanto il dollaro è la moneta di riserva principale. Il fatto che il debito italiano sia diminuito di 4,5 miliardi è solo una “pillola” di sollievo rispetto al “mal di testa” del nostro Paese.

 

Domani intanto si riunisce il comitato monetario della Fed. Lei si aspetta che aumenti i tassi?

L’aumento dei tassi della Fed dello 0,25% prima o poi per forza di cose arriverà, in quanto c’è una tensione potenzialmente inflazionistica, anche se è probabile che la Yellen per ora prenda tempo. I cinesi possiedono 1.500 miliardi di dollari del debito Usa, e quindi questo aumento di tasso andrà anche a loro vantaggio. Ciò peserà sulla bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti.

 

Quali ripercussioni avrà invece per Italia ed Europa?

Le ripercussioni per Italia ed Europa non saranno negative. Poiché abbiamo un problema di deflazione, un rincaro in dollari e una svalutazione dell’euro sarebbero positivi. Se viene aumentato il tasso significa che si prevede anche che ci sia una certa tensione inflazionistica, e in questo periodo un po’ di inflazione ci tornerebbe utile. Per l’Italia ciò sarebbe strutturalmente una buona cosa. Un tasso d’interesse più alto costringerebbe lo stesso Renzi a rendersi conto che vivere a debito è rischioso. Anche dal punto di vista dei risparmiatori italiani un aumento del tasso d’interesse sarebbe desiderabile. La nostra classe media, che ha risparmiato e investito in reddito fisso, non guadagna nulla con tassi d’interesse così bassi.

 

(Pietro Vernizzi)