Luca, alla vigilia del Fomc hai scritto su queste pagine che tutto – sul piano fondamentale e razionale – suggeriva alla Fed di alzare i tassi. Ma hai lasciato chiaramente intendere che non saresti rimasto sorpreso se Janet Yellen avesse “passato”.
Antonio, da operatore sui mercati avrei preferito essere smentito sugli argomenti. Invece ho letto il comunicato del Fomc e non ho trovato contraddette le premesse mie e di molti altri: tenere fermi i tassi non è stata una scelta motivata, ma una “non scelta” contorta. Infatti, molti commentatori si sono arrampicati sulle preoccupazioni della Fed per l’economia cinese o per quella europea. Ma è proprio la Fed a ricordare nel suo statement che i suoi obiettivi statutari sono la piena occupazione e il controllo della dinamica dei prezzi negli Usa, non altri. Che ne sia stata o no pienamente consapevole, la Fed è rimasta behind the curve.
Dietro la curva: un passo indietro rispetto agli sviluppi del ciclo economico. Non è la prima volta che la banca centrale americana perde la battuta su tassi e liquidità…
Esatto. L’ultima volta è avvenuto con Alan Greenspan a fine anni ’90 e oggi c’è un importante consenso sul fatto che fu una scelta sbagliata. Secondo molti osservatori fu il primo passo verso il crac del 2008: da cui stiamo appena uscendo.
Giovedì mattina quando il Fomc era già aperto e stava per decidere, dal Financial Times sono giunti due appelli perentori a tenere i tassi fermi. Uno l’ha lanciato il Ceo di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein; l’altro Larry Summers, l’ex segretario al Tesoro di Bill Clinton e candidato al vertice Fed, poi ritirato a favore della Yellen.
Soprattutto in una fase come quella corrente è inevitabile che la Fed decida sotto pressione. È indubitabile che da Wall Street sia partita una forte azione di lobbying pro zero-rates. Però non generalizzerei: l’industria dei servizi finanziari (banche ordinarie, assicurazioni, ecc.) non lavora bene con i tassi a zero. Per fare profitti ha bisogno di tassi più alti. Più in generale l’economia e i mercati finanziari operano con difficoltà in situazione di incertezza. E infatti le Borse hanno festeggiato molto poco l’inerzia della Fed, che continua a non dare nuovi punti di riferimento ai mercati. Al netto di questa volatilità indotta, le prospettive dell’azionario, per esempio, non sono negative.
E le grandi corporation industriali che punti di vista hanno?
Molti dei giganti della Silicon Valley sono oggi ricchissimi di cassa, i bassi tassi di interesse per chi detiene attivi e non debiti sono paragonabili a una tassa occulta (se i tassi di interesse reali sono negativi, il potere di acquisto della ricchezza accumulata cala). Guardando al solo aspetto tassi, anche queste aziende non beneficiano del permanere di bassi tassi di interesse.
E la Silicon Valley non vota democratico.
Beh, non mi stupisce che nelle file repubblicane la candidatura emergente contro Donald Trump sia quella di Carly Fiorina. Come Ceo di Hewlett Packard ha dato risultati discutibili, ma certo rappresenta alla perfezione il big business californiano.
Summers ha parlato per conto dell’amministrazione Obama? Ha esercitato sulla Yellen – democratica e nominata da Obama – una moral suasion per lasciare ancora un po’ le briglie allentate all’economia all’inizio del lungo anno delle presidenziali?
È un’interpretazione che circola.
Se è uno scenario valido, la Fed potrebbe “aspettare e vedere” fino ai primi mesi del 2016, quando inzieranno le primarie, incertissime. Fra i repubblicani c’è il ciclone Trump, fra i democratici Hillary Clinton non sembra affatto incamminata neppure verso una nomination tranquilla.
Sicuramente dietro la “non scelta” del Fomc è percepibile l’assenza di un senso di urgenza a muovere. In teoria il Fomc si è riservato la possibilità di rialzare in qualsiasi momento: anche in ottobre. Ma è vero che tutti ormai guardano almeno a dicembre. Se rimaniamo entro un quadro di input macroeconomici, credo che la Fed continui a non sottovalutare l’ incertezza sul lato inflazione. Ma continuo anch’io a domandarmi: quanto questa dipende dai tassi e quanto dall’ innovazione tecnologica?
Torniamo ai banchieri centrali. La decisione Fomc è stata preceduta da una presa di posizione non del tutto scontata da parte di Mario Draghi sulla debolezza della ripresa nell’eurozona. Secondo te il presidente della Bce ha “alzato la palla” alla collega della Fed?
I banchieri centrali lavorano quasi sempre in coordinamento, è giusto che sia così. Certo, nel caso di Draghi e Yellen si nota un interventismo di maggiore dettaglio e con maggiore opinione che nella tradizione. Opinione e dettaglio normalmente fa piacere ritrovarli in organi eletti, non nominati. Sembra un passo indietro della democrazia, un passo avanti di organismi non chiaramente responsabili che insistono nel dichiarare di non avere compiti politici. Le banche centrali stanno diventando organi un po “orwelliani” di garanzia del rispetto delle regole. Garanzia, tuttavia, incapace di critica, quindi tendenzialmente incapace di valutare lè utilità delle regole in essere rispetto all’ ambiente in cui vengono applicate.
Se ci fosse una “banca centrale globale” tu a chi l’affideresti?
A Papa Francesco. E non lo dico solo perché sta arrivando qui a New York. Lo dico da gestore professionale: è l’unico che mostra di aver chiari i rapporti fra mezzi e fini in economia.